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COSA succederà dopo la pubblicazione dei verbali del collaboratore di giustizia Adolfo Foggetti? Qualcuno vaticinia sconvolgimenti politici da qui a breve. Non sarebbe certo la prima volta, se pensiamo a quanto accaduto poco tempo fa a Rende. L’intervento della Dda ha portato all’arresto di un ex sindaco e un ex assessore, poi alla fine traumatica della consiliatura, dovuta alle dimissioni del sindaco Vittorio Cavalcanti e alla commissione d’accesso al Comune. L’inchiesta, in attesa degli esiti giudiziari, ha avuto comunque conseguenze rilevanti, alla luce del cambio netto del quadro politico registratosi alle ultime amministrative con la fine di trent’anni di governo riformista. Eppure anche su come sia avvenuto quel cambio parla Foggetti.
Aspettiamo che i magistrati trovino l’eventuale riscontro ai racconti del pentito (anche se la fuga di notizie complica un po’ le cose) e siamo convinti che i vari politici coinvolti sapranno dimostrare la loro estraneità ai fatti. D’altronde è innegabile che, con buona pace della legge Lazzati, anche i mafiosi debbano pur votare qualcuno. La ricerca del voto o meno da parte della politica è il nodo. I clan sono appetibili perchè basano la loro forza sul controllo del territorio e sul consenso sociale. Sono loro che danno lavoro o una casa popolare e non è un caso se Rango, forse per rafforzare proprio il suo carisma, aveva in giardino la statua lacrimante di San Francesco, divenuta subito meta di pellegrinaggio. La tentazione per chi cerca il consenso elettorale è forte, ma si deve resistere alle profferte di questo mondo. L’inchiesta sull’ex assessore regionale Michele Trematerra, qualora trovi conferma, dimostra due cose: da un lato l’incredibile oscillazione di consenso che deriva dall’avere o meno un certo tipo di sostegno; dall’altra come l’abbraccio con certi ambienti può essere letale e deviare le istituzioni dal vero obiettivo cui sono chiamate.
Tornando i verbali proprio perché di politica si parla e di persone che occupano ruoli istituzionali, la chiarezza da parte di tutti è quanto mai necessaria. Fra nove mesi si voterà per il rinnovo di una serie di amministrazioni comunali, fra cui quella del capoluogo di provincia. Il clima, già dalle prime battute, si annuncia molto velenoso. Vecchie alleanze politiche si sono sfaldate, tensioni corrono all’interno di singoli partiti. Prima che parta la solita operazione di dossieraggio di bassa lega – e a prescindere dal corso della giustizia – sarebbe necessario che i diretti interessati spieghino pubblicamente la loro posizione e non con comunicati stampa di maniera. Magari cercando di essere il più possibile categorici nel negare certe frequentazioni e certi rapporti. Sarebbe necessario anche che nell’opinione pubblica e nella politica si apra un dibattito schietto e il più possibile sincero su certe dinamiche e certi meccanismi. E’ un diritto per il cittadino sapere perché un rappresentante istituzionale ha una determinata rete di relazioni, se la coltiva per attività professionali o per interessi inconfessabili. Da cittadini abbiamo il diritto di sapere: il mio sindaco, il mio consigliere comunale, il mio consigliere regionale di quali istanze è davvero portatore? Ci sarà tempo per la magistratura di appurare la verità giudiziaria. Quello che conta ora è la verità politica. Ci rifiutiamo di pensare che gran parte della politica cosentina sia basata sullo scambio o sullo sfruttamento del bisogno. Perché in questo caso allora sì che il confine con la criminalità organizzata sarebbe quasi impalpabile.
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