X
<
>

Share
2 minuti per la lettura

GENTILE direttore, probabilmente quanto le scriverò urterà il suo senso del “politically correct”, ma spero che riesca comunque a coglierne il significato autentico. Si tratta della seguente lettera aperta al giudice antimafia Nicola Gratteri, che le chiedo di pubblicare: 

Gentile giudice Gratteri, tra i tanti aspetti della sua storia che hanno da sempre suscitato la mia ammirazione, ce n’è uno che oggi mi appare particolarmente significativo: la sua passione per la sua Terra testimoniata attraverso un gesto semplice, quello della coltivazione diretta di un orto. La Calabria, per risolvere i suoi tanti problemi non ha bisogno di soldi (che in genere alimentano i problemi anziché risolverli…) quanto di gesti simbolici che facciano capire ai calabresi qual è la direzione da seguire, quali gli esempi da imitare, come cambiare mentalità. Mi perdoni se pensavo di prenderla alla lettera, ma probabilmente lei non conosce ciò che succede a poca distanza da dove abita. Sono un ricercatore universitario e per questioni disciplinari mi occupo proprio dei temi dello sviluppo della Calabria: il suo esempio mi aveva fatto pensare che avevo l’obbligo morale di prendermi cura personalmente degli uliveti dei miei avi che, ironia della sorte, si trovano a poche centinaia di metri da casa sua. 

Ma forse mi sbagliavo. Sono anni che i terreni della mia famiglia sono oggetto di continui danneggiamenti: noi denunciamo, forniamo agli inquirenti ogni informazione utile all’identificazione dei colpevoli (ex galeotti assolti, guarda caso, dal reato di associazione mafiosa, oggi conduttori di note aziende agrituristiche), ma le nostre denunce finiscono per ritorcersi contro, veniamo anche condannati a pagare le spese processuali. Ora il livello delle intimidazioni ha superato il limite: pur di costringerci a svendere le nostre proprietà, nei giorni scorsi sono stati incendiati i nostri ulivi secolari in nostra presenza (!) e i carabinieri non sono venuti neanche a constatare i fatti! Adesso basta, non intendo più perdere la mia serenità, mettere a repentaglio la mia vita e quella dei miei cari nel generale disinteresse (o peggio contro la collusione) delle istituzioni. Visto che a lei è consentito ciò che non è consentito a me, fissi un appuntamento da un notaio di sua fiducia e io le regalerò i miei terreni: meglio a lei che alla ’ndrangheta. Mi creda sinceramente suo.

Francesco Calabrò

 

 

 

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE