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ANCHE nel giorno di Pasqua la Calabria prende uno schiaffo dalla ’ndrangheta e questa volta forse anche lo Stato, la parte burocratica dello Stato, ci ha messo del suo: fatto sta che oggi nel Vibonese, salvo novità dell’ultima ora, non si terranno le “affruntate”, le processioni-rappresentazioni sacre del giorno della Resurrezione. La sintesi ci porta ad una considerazione amara, su più versanti. 

Intanto, e non è la prima volta, la presenza diffusa della criminalità organizzata non solo prende la forma di una nebbia fitta che rende il futuro incerto e più difficile di quanto già non lo sia per le condizioni di estrema povertà in cui la Calabria si trova. In questo caso ad essere intaccato, e sporcato, è anche il passato, cioè le tradizioni centenarie – legate agli appuntamenti cristiani in cui inevitabilmente si intrecciano sacro e profano – che hanno sempre rappresentato per i calabresi non solo l’esplicazione della fede, ma momenti fondamentali per ritrovarsi. Nelle piccole più che nelle grandi comunità. Una processione che “salta” perché non si è trovato il modo di evitare che la stessa potesse essere una vetrina per uomini di ‘ndrangheta è uno schiaffo pesante. Lo è per tutti. Si può discutere di quanto sia giusto pensare di “commissariare” una cerimonia religiosa, si può discutere se e quanto sostituire i portantini delle statue sacre nelle pubbliche vie serva ad affermare la presenza dello Stato. Ci si può chiedere, legittimamente, se un fenomeno del genere (che non è certo nato ieri e che riguarda gran parte di questa regione) sia stato mai affrontato efficacemente dalla stessa Chiesa, oltre che dallo Stato. C’è spazio per sociologi, antropologi, esperti di diritto… ma il risultato è sempre lo stesso: per l’incapacità di un sistema, le persone oneste (fossero anche solo tre) oggi sono private persino di parte del patrimonio di cultura e tradizioni che hanno ereditato dai loro padri, dai loro nonni. E, ovviamente, le persone perbene sono molte più di tre. 
Ma ci rendiamo conto? Stiamo parlando di una processione annullata per ’ndrangheta. In una settimana in cui sono state presentate le candidature per il Parlamento europeo, a pochi giorni dalla presentazione delle liste per rinnovare consigli comunali e sindaci in ben 151 comuni calabresi, nel momento in cui appare abbastanza verosimile che in autunno si andrà alle urne per eleggere il nuovo governatore della Regione, nelle stesse ore, cioè, in cui si dovrebbe ragionare sulle persone a cui affidare la gestione del futuro di questa terra… ecco lo schiaffo. Qualcuno tra le “istituzioni” ha sbagliato, in questi due paesi del Vibonese? È secondario, non toglie nulla al dolore dello schiaffo, rivelatore di una presenza molto più grande di una processione. Ricordiamocelo, questo schiaffo. I fedeli delle due comunità del Vibonese pare si fossero offerti di trovare loro una soluzione “pulita”. Una sorta di: “la ’ndrangheta la cacciamo noi”. La cosa non è stata fatta perché per rivedere la decisione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica sarebbe stata necessaria un’altra riunione formale, per la quale non c’era il tempo. Chissà che la mancata processione – un vuoto che sta quasi a simboleggiare le migliaia di mancate opportunità che l’ingombrante presenza della criminalità determina – non spinga a riflettere sul fatto che per la resurrezione di questa terra è tempo tutto l’anno. Basterebbe non archiviare la vicenda come un fatto qualunque di cronaca, circoscritto ai due paesi del Vibonese. Perché non è così. Buona Pasqua a tutti, e in particolare ai colleghi giornalisti del quotidiano L’Ora della Calabria che stanno attraversando un momento difficilissimo nella loro vita lavorativa.
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