2 minuti per la lettura
PREMESSO che il mio contributo è altamente diseducativo (avvertenza per i “minorenni-lettori” ai quali ribadisco che “il fumo uccide”), apro con un veloce rewind ai tempi in cui portavo (ancora) i codini. Quando mi veniva rivolta la fatidica domanda: “Cosa vuoi fare da grande?, la mia risposta, mento in alto e narici volitive, era una e una sola: “Io, da grande, voglio fumare”. Avrei presto mantenuto la promessa. E, con un altalenante senso di colpa, che porto ancora con me insieme ad un immancabile pacchetto di bionde, avrei perseverato. Accumulavo così i miei 22 anni di dis-onorato “servizio”. Con tre sole parentesi: due gravidanze e, l’ultima, in ordine di tempo (seppur breve), divagazione “svapo”.Un mese soltanto durò l’idillio tra la sottoscritta e la sigaretta elettronica. Convinta da un caso choc: un collega fumatore, con talmente tanti anni di fumo da essere alle soglie della “pensione”, in un batter d’occhio, aveva lasciato il pacchetto a metà e mi sbandierava sotto il naso la sua conquista: via cattivi odori, via la tosse, via la smania di cercare una rivendita di tabacchi alle due di notte. Era l’Eden. Detto fatto, mi fiondavo immantinente al negozietto sotto casa: a fare il resto gli irresistibili gadget della agognata “e-liberazione”, che mi convincevano alla conversione, ancora più che l’idea di non puzzare più come un barbecue. Facevo quindi ritorno sul posto di lavoro con la mia chiccosissima “e-cigarette”. Appesa al collo, come una medaglia d’onore, con tanto di bocchino rosa shocking e un glamour serbatoio con sbriluccicanti fiorellini, iniziavo la mia avventura nell’esclusivo “svapo club”.
Avvolta in una nuvola di vapore, avanzavo soddisfatta, spandendo nell’aria ora essenze di liquirizia, ora di esotica rosa canina. Ed ogni sera, davanti allo specchio delle famose brame, l’appuntamento immancabile per scrutare la ruga che “doveva” (una promessa è una promessa) scomparire da lì a poco. E fu sera e fu mattina, seconda settimana: “Non fumo più, sai” dicevo a chi si congratulava vedendomi svapare come un aerosol impazzito. Ebbra della mia forza di volontà, terza settimana, iniziavo a concedermi qualche (meritato) strappo. Ma tra un’ansia da lenire e un evento da festeggiare, scroccando qua e là una sigaretta dopo l’altra e dimenticando di ricaricare lo sciccoso aggeggio, mi ritrovavo davanti a una grande “T” che occhieggiava diabolica. E in quell’oasi entrai, ritrovando i miei inferi fumosi, che mi posseggono ancora, in attesa di altri salutari Eden.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA