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OGGI volevo occuparmi dell’interessante dibattito in corso sul nostro giornale sull’omelia del vescovo Morosini e sulla riflessione dell’arcivescovo Nunnari a proposito di chiesa, ’ndrangheta e perdono. Tema stimolante, con tante verità che si confrontano, come accade quando si toccano i nervi delicati della nostra vita collettiva, quelli, per intenderci, che sono costituiti da un crogiolo di fatti concreti, decisioni difficili, questioni di coscienza e, per giunta in questo caso, di fede. E non è scandaloso che anche tra gli uomini di chiesa possano manifestarsi differenze di toni e di vedute, semmai non è stato esaltante lo sforzo, alquanto penoso, di proclamare un’indefettibile unità, che è sembrata soprattutto un’excusatio non petita… Prendo per buona dal collega Romano Pitaro una definizione scherzosa ma non fantasiosa: «La chiesa calabrese sembra il Pd». Ma rinvio ad un altro momento l’argomento per scrivere di una vicenda attuale e sconcertante.
Due giorni fa avete letto l’articolo di Giuseppe Baldessarro con il quale abbiamo aperto il giornale sull’attribuzione alla dirigente Alessandra Sarlo della responsabilità del controllo della Gsa (Gestione sanitaria accentrata). La decisione è stata assunta da Scopelliti con l’approvazione della giunta regionale. Ieri abbiamo pubblicato le spiegazioni della Regione contenute in una lunga nota e sempre ieri il “Corriere della Sera” riprendeva la notizia con quasi un’intera pagina ad essa dedicata. Il motivo di tanto interesse è chiaro ed è legato alle vicende che riguardano la dirigente, che è indagata per corruzione al tribunale di Catanzaro e che è la moglie del magistrato Vincenzo Giglio, arrestato a Milano su ordine dei pm Boccassini e Storari insieme al consigliere regionale Francesco Morelli per il suo ruolo alla Regione. Nelle maglie di questa inchiesta è finito anche il presidente Scopelliti, indagato per abuso di ufficio e che è stato interrogato nei giorni scorsi dal magistrato.
Una faccenda delicata, dunque, dalla quale – e non è una frase di circostanza, perché quando sono in ballo la vita e la dignità delle persone speriamo sempre nel riconoscimento della loro innocenza piuttosto che della loro colpevolezza – ci auguriamo che i coniugi Sarlo e Giglio, al pari degli altri coinvolti nell’inchiesta, risultino alla fine senza macchia. E, dunque, fino a quel momento conclusivo nessuna condanna è possibile sebbene susciti profondo disagio il fatto che un magistrato sia in carcere da tanti mesi e debba rispondere di accuse gravissime.
Nella nota della Giunta regionale si spiegano dettagliatamente i motivi tecnici che hanno portato all’attribuzione di un nuovo, importantissimo, compito alla dirigente Sarlo. La quale sarebbe la più indicata a svolgere questa funzione essendo la dirigente pro tempore del servizio 3 del dipartimento salute, ruolo per il quale è indagata lei ed è indagato anche il Governatore. Nel suo comunicato la Giunta regionale aggiunge che l’incarico non comporta alcun aggravio di spesa, per sostenere che anche questo motivo avrebbe consigliato la scelta.
Ineccepibile sul piano formale. Ma forse sarebbe stata preferibile una soluzione diversa per banalissimi motivi di opportunità. Anche se si sarebbe dovuto spendere qualche euro in più, perfino se la dottoressa Sarlo avesse rinunciato al suo stipendio normale. Con una Regione, che, per quanti piani di rientro e patti di stabilità la possano colpire, non fallirebbe certamente per un po’ di euro per una funzione così rilevante, la rivendicazione del risparmio in questa circostanza non è convincente. E poi, ferma restando – ripetiamo fino alla noia – la presunzione di innocenza, anche se la scelta fosse stata obbligata (ma lo è?), non si poteva trovare con l’interessata un’intesa che evitasse di gettare sale su una ferita aperta?
Alla fine ci permettiamo di fare una domanda al presidente Scopelliti: perché con la sua Giunta ha assunto tale decisione? E, anche se la scelta fosse tecnicamente opportuna, gli ripetiamo: perché non ha trovato un’altra soluzione? Perché?
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