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EGREGIO Direttore, dopo aver attentamente ascoltato l’omelia del vescovo della Diocesi di Locri-Gerace, monsignor Fiorini Morosini, in occasione della celebrazione della Festa della Madonna di Polsi, mi sorgono spontanee delle considerazioni, degli interrogativi, ma anche una certa delusione, forse rabbia e forse indignazione, sui concetti di perdono, assoluzione e i diversi modi di interpretarli ed applicarli. Mi riferisco in particolare al passaggio dell’omelia in cui il vescovo apre al perdono anche ai mafiosi, dichiarando che: «La Chiesa predica il perdono di tutti e lo fa in nome di Gesù Cristo, la Chiesa annuncia il perdono anche per i mafiosi, non ci faremo intimorire dalla stampa che aspetta da noi sacerdoti parole di disprezzo, noi queste parole non le diremo mai, ma chiameremo a conversione tutti». Ed ancora aggiunge: «È certo che la Chiesa non concede il perdono con tre Ave Maria a buon mercato, e continuerà a predicare sempre ai peccatori di cambiare vita e, solo quando si avrà la garanzia della conversione del cuore, la Chiesa alzerà la mano e concederà il perdono, anche se gli uomini sanno che poi dovranno saldare il conto con la giustizia terrena».
Ricordo che, in occasione del suo insediamento, il vescovo dichiarò che la ‘ndrangheta era al di fuori della Chiesa, in quanto tra di loro c’erano assassini e criminali e, quindi, l’omelia che mi sarei aspettato a Polsi sarebbe stata di condanna verso chi si arroga il diritto di spegnere vite umane. Ed invece, ora, il suo messaggio mi sembra più di difesa dalla stampa e verso un’apertura delle porte delle Chiese della Locride a chi che sia, sia esso “ladro di marmellata” o assassino. Mi chiedo: il vescovo Morosini, ovvero la Chiesa, ha diritto di perdonare gli assassini delle tante vittime innocenti di mafia, essendo prerogativa della Chiesa solo assolvere, rimanendo il diritto del perdono prerogativa di chi il torto lo ha subito, cioè le vittime?
In occasione di una mia visita ai detenuti delle carceri di Opera a Milano, un killer dei Casalesi, mi chiese se ero disposto a perdonarlo per le morti che aveva seminato, ben ventitré, gli risposi che sarebbe stato troppo facile per me perdonarlo, che da lui non avevo ricevuto alcun torto. Non era a me che doveva chiedere il perdono, ma ai familiari delle vittime, ammesso che anche loro abbiano il diritto a concederlo. Ritenevo allora, come oggi, che prima di chiedere il perdono è necessario confessare il crimine commesso, pentirsi, espiare la pena e non aspettarselo, perché non dovuto. È qualcosa che può arrivare o meno, ma non un diritto ad averlo. Se mi chiedono se sono disposto a perdonare chi ha ucciso mio figlio Gianluca, rispondo di non avere alcune delega in merito e non me la sento di assumermi un diritto che non credo mio, ma solo di mio figlio, come della generalità delle vittime innocenti. Eppure sono il padre!
Gli aspetti che accomunano la maggior parte dei familiari di vittime innocenti, ne conosco moltissimi, sono la mancanza di odio e il grande dolore che scandisce la quotidianità, con l’unico e primario obiettivo di avere giustizia, prima di tutto attraverso l’espiazione della pena. Da quello che ho potuto percepire dalle parole dell’omelia, l’espiazione della pena assume secondaria importanza, non gestendo la Chiesa la giustizia terrena. (Per fortuna)! Il vescovo Morosini, si arroga il diritto in nome di Gesù Cristo, di perdonare chiunque e chi che sia, essendogli sufficiente la garanzia di una conversione del cuore, non si capisce bene se tale garanzia sia scritta o data verbalmente attraverso il confessionale. E se questa è l’interpretazione giusta che ho dato all’omelia, mi rimane solo la scelta di non frequentare più le Chiese della Locride, evitando così di sedermi accanto ad uno “spegnitore di vita” e “accenditore di candele”, continuando, quando vorrò comunicarmi, a recarmi a piedi, finché il mio già provato fisico, me lo consentirà, una volta l’anno, a Pietra Cappa sul “Sentiero della memoria”, dissestato, più di quello di Polsi, dove sono stati ritrovati i resti di Lollò Cartisano, forse ucciso da chi a Polsi per anni si è recato a piedi o magari in ginocchio. Lollò che, come gli altri, ascoltando il vescovo Morosini, si starà rivoltando nella tomba.
* papà di Gianluca barbaramente ucciso dalla ‘ndranghetail 24 maggio del 2005
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