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Francesco Toscano, coordinatore regionale Agenzie fiscali Confsal-Unsa

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Il coordinatore regionale Agenzie fiscali Confsal-Unsa, Francesco Toscano, interviene sulle difficoltà dell’Agenzia delle entrate in Calabria


«Per il sindacato la grave carenza del personale limita l’azione dell’Agenzia delle entrate, in tutti i settori produttivi ed in particolare sui settori di business delle mafie». Sulle difficoltà dell’Agenzia delle entrate a sostenere il peso dei controlli in Calabria interviene Francesco Toscano, coordinatore regionale Agenzie fiscali Confsal-Unsa, il sindacato più rappresentativo degli operatori del fisco.

Segretario, il luogo comune voleva che al Sud le dotazioni organiche nel pubblico impiego fossero più che sufficienti. Da qualche tempo qualcuno si è accorto che le cose stanno assai diversamente. Com’è la reale situazione per l’Agenzia delle entrate?

«Quanto sta accadendo negli ultimi anni in seno al Pubblico impiego, anche in termini di organico, è sotto l’occhio di tutti. L’Agenzia delle entrate non si sottrae per nulla a tale fenomeno, soffrendo da diverso tempo di una carenza di personale gravissima ed oramai cronica tale da pregiudicarne inesorabilmente l’azione».

Può essere più preciso?

«In Calabria dai 1.297 addetti che dovevano essere in forze all’ente al 31 dicembre 2019, ad oggi, ne risultano in organico soltanto 844. Il gap di personale è allo stato attuale pari a circa il 54% rispetto alla forza lavoro impiegata e al 35% rispetto all’organico ipotetico di cui s’è detto».

Il suo sindacato ha un certo peso nelle relazioni industriali, essendo quello più rappresentativo. Cosa avete fatto per porre rimedio ad una situazione che da questo punto di vista appare allarmante?

«La nostra organizzazione ha più volte esortato i vertici dell’Agenzia delle entrate a porre la massima attenzione sulla drammatica situazione della carenza di personale al Sud, soprattutto alla luce delle stime dell’evasione fiscale in Calabria, cronicamente al vertice delle classifiche nazionali. Negli ultimi tre anni, il numero di addetti era giunto molto al di sotto, di circa duecento unità, del livello attuale. Questo anche a causa dei pensionamenti e anche delle agevolazioni offerte ai lavoratori per il congedo anticipato. Una tragedia annunciata per il cui superamento abbiamo cercato di fare tutto quanto in nostro potere».

E le risposte quali sono state?

«Tutto è stato inutile ed oramai il lavoro sta divenendo un giogo insopportabile per i lavoratori del fisco».

Tutto questo ha un’incidenza diretta sull’efficacia delle attività d’istituto dell’Agenzia?

«Non c’è dubbio. L’azione dell’ente, secondo noi, non riesce a contrastare il fenomeno dilagante dell’evasione fiscale. Miriadi di controlli e servizi resi, connessi ad altrettante agevolazioni ed incombenze burocratiche (molte delle quali rasentano la violazione del divieto di aggravamento del procedimento amministrativo), unita alla carenza di addetti, hanno determinato ineluttabilmente uno scadimento della qualità dell’azione. Il sindacato ha più volte denunciato la grave situazione non ottenendo purtroppo alcuna risposta da parte del vertice».

Come pensate si possa uscire da questo difficile contesto operativo?

«Abbiamo l’immediata necessità di ripristinare il personale andato in quiescenza. Le modalità possono essere tante ma la più idonea e prossima allo scopo potrebbe essere una mobilità straordinaria, su base volontaria, di calabresi assunti, al momento, nelle regioni settentrionali. Bisogna consentire loro di trasferirsi fin da subito dopo l’assunzione e non solo dopo 5 anni di servizio, per come previsto nei bandi di mobilità che l’Agenzia pubblica. Si pensi che nei concorsi banditi, che hanno previsto solo posti da Roma a salire, il 20-25% dei colleghi vincitori rinuncia al posto di lavoro perché non riesce a far quadrare il bilancio familiare.

Ne discende che investire nel Sud, dove esiste una sacca di evasione così importante, come più volte ribadito anche dall’autorità politica, potrebbe rivelarsi la chiave di volta per il bilancio dell’erario. Una parte rilevante dell’evasione fiscale nel Sud, peraltro, deriva dal business della criminalità organizzata. Questo Paese ha bisogno di legalità. Sotto l’aspetto tributario la via è impressa nell’art. 53 della nostra Costituzione. Come organizzazione sindacale faremo tutto quanto possibile, non escludendo la proclamazione di uno stato di agitazione di tutto il personale, per ricondurre in tale alveo la parte datoriale, ma sappiamo tutti che non si possono “fare le nozze con i fichi secchi”».

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