Rocco Morabito
4 minuti per la letturaSignor Rocco Morabito, per decenza non posso appellarla come egregio, mi capirà, sono un suo conterraneo della Calabria del Nord ma considerato un calabrese come lei. Più adulto di lei di quattro anni.
Oggi è lei l’uomo del giorno. Contribuirà a diffondere il marchio negativo della Calabria, essendo uno degli ex latitanti più celebri d’Italia. Ma la parte buona della Regione è soddisfatta, perché il suo essere manager internazionale di cocaina non ha fatto bene alla nostra terra.
E neanche ad Africo. Paese di grandi scrittori come Gioacchino Criaco e di ferventi rivoluzionari come Rocco (suo stesso nome) Palamara.
Ad Africo i suoi traffici non hanno portato ricchezza. Solo disperazione e ragazzi persi nelle carceri e al camposanto, come suo fratello Leo, ucciso nel 1989.
Il vostro paese è rimasto abbandonato, fermo ai giorni in cui la gente di montagna venne esodata al mare a causa dell’alluvione. Purtroppo lei non ha contribuito al riscatto dei suoi paesani. Sono solo rimasti marchiati dalla sua malavita. Anche se molti provano a cambiare.
Era meglio si fosse laureato all’Università di Messina, ateneo dove ha studiato lasciando la traccia di un arresto per minacce ad un docente universitario. Accusa da cui è stato prosciolto e che forse l’ha indotta a battere altra carriera.
Negli anni Novanta non ci siamo incontrati a Milano con le nostre emigrazioni differenti. Io professore di Lettere e giornalista precario che guardava l’Italia cambiare e dopo un anno decido di tornare in Calabria per poterla capire meglio e modificare.
Non so se ho contribuito, ma posso dire che ci ho provato insieme a tante ragazze e ragazzi della nostra generazione. E la maggioranza dei giovani d’oggi anche vogliono trasformare l’immagine della Calabria.
Lei e i suoi amici invece andando al Nord non avete cambiato nulla. Di quel periodo resta una sua fotografia mentre incontra dei narcos colombiani con un suo zio. Uno dei suoi traffici milionari che alla Calabria non ha portato nessuna mutazione ma solo pregiudizio grazie alla sua minoranza che marchia a fuoco i calabresi.
A 28 anni è stato condannato a 30 anni di reclusione per droga e associazione mafiosa. Ora dovrà scontarli. La latitanza sembra finita. Pensava di averla fatta franca dopo l’evasione a Montevideo. Prima si era nascosto a Punta d’Este tra i Marzotto e i ricchi italiani, ma per un narcos non c’è mai pace. Puoi essere nato a Medellin come Pablo Escobar, o ad Africo come lei, il fine corsa è sempre amaro.
La sua villetta di Casarile, vicino Pavia, in Lombardia è diventata una biblioteca pubblica. Ma non grazie a lei, ma grazie allo Stato che sequestra i suoi beni dove li trova.
Sempre in Lombardia, la villetta di via Carlo Alberto Dalla Chiesa (che ironica la cronaca a volte) non è più sua. In quella di Africo, sequestrata anche quella, è rimasta la Jacuzzi nella mansarda, e la casa è abitata dai piccioni che s’infilano tra gl’infissi divelti.
Le sue amicizie internazionali fatte da giordani, sudamericani, serbi, non contemplano veri amici. Colleghi uniti in affari sporchi di sangue. Siete tutti nemici della Calabria e i vostri network sono distanti dai nostri comuni dissestati, dalla nostra terra senza opere pubbliche perché “c’è la ‘ndrangheta che condiziona gli appalti pubblici”.
E in Calabria invece restiamo ultimi nelle classifiche economiche marchiati dalla Malapianta. Anche i vostri corrieri locali non hanno un bel vivere. Sempre seppelliti in carceri lontano dai loro affetti e con un pugno di niente in mano.
Una vita Diversa dalla sua, di casa all’hotel Century di Ginevra dove alloggiano anche i banchieri che magari avranno accettato i suoi denari.
Avere appresso 155 diverse foto tessere e conoscenze influenti non ti salva dalla grande caccia delle polizie di mezzo mondo. Puoi evadere pagando, ma poi ti prendono lo stesso.
Ora l’aspetta il carcere duro. Neanche la possibilità di vedere il mondo per andare ai processi come accadeva agli anziani della sua famiglia. Parteciperà alle udienze in videoconferenza. La aspettano giorni molto tristi.
In queste ore spera in avvocati che sappiano navigare nei trattati internazionali per farla franca ancora una volta.
Ma non vedo felice il suo futuro. Le prospetteranno di collaborare con la Giustizia. Lei dovrà fare un pari e dispari complesso. L’onore della famiglia o la convenienza. Non è facile diventare come Buscetta.
Oppure sarà carcere speciale. Potrà contare su persone garantiste che si preoccupano che lei sia recuperato alla società. Ma in molti, mi creda, sono tanti, diranno “buttate la chiave”.
Poi sa, signor Morabito, non conti molto su quegli alleati calabresi che avete sempre avuto nelle istituzioni. Battono in ritirata. Sono controllati, pedinati, intercettati. Pensano anche loro a farla franca.
La Calabria vuole cambiare, signor Morabito. Vuole essere una terra normale. Se può, difficile lo capisco, cerchi anche lei di diventare un calabrese normale.
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