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Pina Amarelli

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La liquirizia è un prodotto calabrese molto apprezzato. I ragazzi degli anni Settanta ne andavano alla ricerca nelle zone di campagna per succhiarne l’essenza dalla radice, il cuoco cosentino Tonino Napoli la adoperava per arricchire i suoi gamberoni. Già dal Settecento, nel latifondo jonico calabrese degli Amarelli, decisero di trasformare la radice con pratiche paleoindustriali.

Oggi, il marchio Amarelli è un’eccellenza italiana, che non solo produce prodotti adatti al mondo globalizzato ma che nella casa madre di Rossano schiera anche il Museo della liquirizia “Giorgio Amarelli” che offre belle alternative al turista giunto in Calabria.

A capo del gruppo, una donna, Pina Amarelli Mangano, Cavaliere del lavoro, docente universitaria e manager apprezzata. La sua foto spicca in bella evidenza nel libro edito dalla prestigiosa Treccani, “L’impresa italiana”, come “Icona del made in Italy”. E nel testo si parla dei 40 dipendenti, del fatturato da 5 milioni di euro che non si fa piegare dalla crisi in corso.

E’ questa la buona Calabria. Quella del panettone di Celico considerato uno dei migliori d’Italia, dell’amaro di Diamante giudicato il più buono del mondo per l’inedito mix tra acqua di mare e cedro, podio già occupato in passato dal fratello di Montalto, Jefferson, che ha saputo associare al prodotto anche la storia del naufrago capitano di mare americano affondato con la sua barca tra Paola e Tropea.

Tutti nodi di preziosi giacimenti gastronomici. Ce ne sono ancora una infinità. Sono da mettere in rete in un sistema locale privo di ostacoli entrando a far parte dell’impresa italiana che conta. Non annoverando più una sola magnifica eccellenza. Ma costruendo una Calabria che produce, vive bene nel suo ambiente ed è capace di raccontarsi all’esterno con la forza di un fare positivo che supera il pregiudizio.

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