La Cittadella sede degli uffici della Regione Calabria
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Domenica si vota anche in Calabria e, visti i tempi che corrono, è bene precisarlo. Perchè ne hanno parlato poco o nulla i media nazionali, ma anche qui non è che i candidati si siano sprecati in analisi e proposte. La campagna elettorale che si è chiusa ieri è stata atipica. Un po’ per il particolare periodo dell’anno, con le vacanze di Natale di mezzo; un po’ per la genesi delle candidature, arrivate tutte o quasi in zona Cesarini, di modo che nessun candidato sembra aver avuto il tempo di analizzare i problemi di una regione simbolo del divario del Paese.
Si è parlato molto per slogan, sulla retorica della terra piena di risorse da sfruttare meglio, di potenzialità inespresse del turismo, di infrastrutture che mancano. Ma la partita vera per la regione si gioca lungo quattro direttrici principali su cui si è discusso, però, poco o nulla.
L’OCCUPAZIONE
La prima è l’occupazione, la principale richiesta di una terra che perde circa fra i 4 e i 5mila abitanti l’anno, per lo più giovani, in cerca di un lavoro stabile al Nord. A loro si aggiungono i nonni che spesso partono per unirsi ai figli o per fare i baby sitter. Il fenomeno sfugge alle statistiche, ma è palpabile.
Per il centrodestra frenare questa migrazione, che a differenza del passato non ha alcuna voglia di ritorno, bisogna puntare sulle produzioni tipiche agroalimentari. Per Callipo, invece, la chiave è combattere quella che lui definisce la mafia con la penna ovvero la burocrazia che ostacola ogni intrapresa e quella con la lupara che vessa gli imprenditori.
Concetti simili esprimono anche i due candidati Aiello, M5s, e Tansi, Calabria Tesoro. Il secondo in particolare è convinto che la burocrazia, un moloch immutabile che da 40 anni presidia l’ente regionale, sia il vero male da combattere.
Il secondo filone da seguire è quello dell’agricoltura. Una torta interessante per tutti gli schieramenti politici I dati ci dicono che nell’ambito delle politiche comunitarie 2014-2020 dedicate al settore agricolo, la regione è destinataria di un PSR con una dotazione complessiva di 1,1 miliardi di euro. Una cifra mica male.
In base alle ultime informazioni fornite dalla Commissione europea, le risorse impegnate in progetti avviati, o in fase di avvio, ammontano a poco più di un terzo della dotazione totale.
L’AGRICOLTURA
Bassa la percentuale di questi fondi che vengono destinati agli investimenti: la gran parte è piuttosto utilizzata come forma di sostegno agli imprenditori. Sull’agricoltura e l’agroalimentare la Calabria si gioca una grande fetta di futuro: grazie al suo microclima che le permette di coltivare di tutto e alla presenza di tantissimi terreni disponibili di cui nessuno ha esatta contezza perché la Regione non li ha mai censiti.
La Lega, come sta avvenendo in tutte le regioni in cui governa, ci ha messo gli occhi addosso e ha rivendicato a sé l’assessorato. La ricetta proposta è quella di una sinergia con le regioni del Nord e uno scambio virtuoso. Qualcuno sente puzza di colonizzazione produttiva. Callipo preferisce parlare della creazione di un brand “Made in Calabria” che aiuti la commercializzazione delle nostre produzioni nel mondo. Aiello, invece, dice che la ricetta vincente è introdurre più tecnologia nelle aziende agricole e quindi nel suo programma si parla di finanziamenti e sgravi alle start up, soprattutto quelle del settore agroalimentare. Per Tansi l’agricoltura non è un punto centrale del programma.
LA SANITÀ
Il tema dei temi è però la sanità o quello che ne resta, affossata da un debito monstre di 100 milioni di euro. Tutti i candidati concordano su un punto: la fine del commissariamento e il ritorno della gestione in capo al consiglio regionale. Del resto il comparto rappresenta circa il 70% del bilancio e l’esigenza di ripianare il debito succhia quasi tutte le entrate dirette.
Va aggiunto che i commissariamenti in Calabria non hanno mai portato a risultati soddisfacenti. Basti pensare al settore dei rifiuti. Tredici anni di commissario hanno comportato un incredibile spreco di risorse e oggi gli impianti pubblici non esistono, le ditte private hanno avuto aumenti di fatturato a due cifre, i rifiuti giacciono in molte strade delle città calabresi, i comuni hanno contratto debiti per circa 150 milioni di euro verso la Regione, mettendo in crisi il bilancio dell’ente.
Sulla sanità gli effetti non sembrano essere diversi. Continui tagli, mancata apertura delle Case della Salute al posto dei nosocomi chiusi e dieci anni di blocco delle assunzioni hanno messo in ginocchio il settore. I calabresi per avere risposte devono o emigrare al Nord o ricorrere al privato convenzionato. La partita, però, è molto interessante perché la sanità è uno dei tradizionali bacini elettorali dei campioni delle preferenze che hanno sfruttato il blocco del turn over per distribuire, tramite cooperative, posti di lavoro precario in cambio di voti.
LE INFRASTRUTTURE
L’ultimo tema è ovviamente quello delle infrastrutture che mancano, soprattutto sul fronte ferroviario. La linea jonica è ancora non elettrificata in buona parte. Nel 2016 il Cipe stanziò 307 milioni, spesi per interventi a pioggia ma necessari: elettrificazione, messa in sicurezza di gallerie, taglio dei passaggi a livello. Ma la ferrovia è ancora a metà: i treni sono vecchi (Rfi ha annunciato la costruzione di 45 nuovi vettori ibridi proprio alla Hitachi di Reggio Calabria qualche settimana fa) mentre la tratta Catanzaro Lido- Melito è in attesa di finanziamento.
L’A/2 finalmente è stata completata, anche se in molti tratti mancano le corsie d’emergenza, ma il problema vero sono le strade interne con le province che non hanno i fondi per la manutenzione. Discorso a parte merita la Ss 106 jonica. Si attende ancora l’avvio del cantiere per il terzo megalotto, opera imponente: 38 km per 1,33 miliardi, quattrini già stanziati dal Cipe. Ultima data per l’avvio del cantiere è stata fissata dal viceministro dei Trasporti, Cancellieri, in marzo.
IL PARADOSSO DEL PORTO
C’è poi il paradosso del porto di Gioia Tauro da tutti indicato come la Fiat della Calabria. Grazie alla profondità dei suoi fondali potrebbe essere il principale porto di transhipment europeo. Di mezzo, però, ci sono due km di ferrovia che collegano, su un solo binario, l’interporto alla linea ferroviaria. Il pezzo in questione è al centro di una disputa amministrativa fra ferrovie, autorità portuale e Regione.
Il porto, fuori dalla Via della Seta, ha bisogno di avere uno sbocco per le merci in arrivo e di un collegamento rapido con i mercati. Su questo concordano tutti i candidati che parlano di Gioia Tauro come elemento trainante della riscossa della Calabria. C’è però da fare in fretta: i fondi della Zes, che sono a sportello, ad esempio stanno finendo.
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