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L’abbandono (per la mancata entrata in funzione, piuttosto che per la dismissione alla quale non è seguita alcuna riconversione) di “beni pubblici” è un fenomeno di cui in Calabria vi sono tracce evidentissime. Edifici mai ultimati, strutture completate e mai utilizzate, beni di proprietà pubblica addirittura non censiti nei patrimoni… una galassia eterogenea che se in condizioni di normalità suscita disapprovazione, in tempi di spending review e di casse che piangono induce all’indignazione.
Non solo le grandi incompiute, più volte agli onori della cronaca, ma anche piccole e medie strutture costruite per fini pubblici e in qualche caso lasciate solo all’usura del tempo e delle intemperie.
Sarebbe un cammino lungo, se si volesse avviare un censimento degli sprechi, ma forse è importante iniziare. Per beni pubblici si intendono ovviamente quelli realizzati con i quattrini messi a disposizione da Stato, Regione e tutta una serie (eventuale) di enti intermedi e comunque subregionali.
Il caso di cui ci occupiamo oggi è, in realtà, molto particolare, perché riguarda una grande e bella struttura che a Crotone avrebbe dovuto ospitare il Comando provinciale dei carabinieri, ultimata, realizzata da un privato che aveva raggiunto un accordo con lo Stato (LEGGI). Poi per tutta una serie di ragioni lo Stato ha fatto marcia indietro sui prezzi.
Si tratta di motivazioni (sulle quali è in corso una causa civile) che, al di là della parola definitiva che diranno i giudici, sul piano formale possono avere una motivazione (è arrivata la spending review e quindi bisogna ridurre il pattuito), ma su quello sostanziale dimostrano come si possa arrivare ad un evidente spreco del genere (ad oggi il danno è per un imprenditore privato), che non potrà non avere ripercussioni sulle casse dello Stato che in questo caso ha dimostrato nei fatti di essere poco affidabile. Un bel minestrone.
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