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Benvenuto in Calabria, presidente Mattarella. Come qualche esponente politico ha sottolineato, la sua visita nella regione per inaugurare il nuovo anno scolastico a Pizzo è un apprezzabilissimo segnale di attenzione verso una terra complicata che ha, paradossalmente, la fortuna di avere davanti a sé un futuro immenso. Il paradosso sta tutto negli ampi margini di miglioramento, finora invalicati, che potrebbero spostare la Calabria dai margini dell’abisso, che possono dare certezze in più ai suoi giovani e maggiore serenità ai suoi vecchi.

A patto che le occasioni siano colte con un cambio di prospettiva e di mentalità eccezionali, da parte di governanti e governati, per tagliare per sempre con un passato fatto spesso di vedute corte, capacità non sempre adeguate, fino a sconfinare nell’ignavia (per quanto riguarda i governanti), e di apatia e rassegnazione (per i secondi).

Non tutti e non sempre, com’è ovvio, ma in misura tale da “giustificare” la posizione della Calabria negli ultimi posti di decine e decine di classifiche nazionali. Tutto questo fuori dalla retorica, altra brutta bestia per la Calabria ultima, molto spesso incapace o semplicemente disinteressata a sovvertire i luoghi comuni che alimentano fuori dai confini regionali, e talvolta anche dentro, una percezione amplificata fino a diventare inevitabilmente distorta della realtà.

Il che non significa, naturalmente, che qui i problemi non ci siano. Ci sono, e sono tanti. Ad un osservatore attento non è necessario ricordarli, non serve neppure segnalare la divisione tra problemi veri e problemi esasperati dal piagnisteo in cui tante volte si cerca facile rifugio.

Oggi è una bella giornata. È il giorno del futuro, quello dei ragazzi che tornano nelle aule scolastiche dopo che la pandemia ha sottratto loro un pezzo di vita “normale”, li ha costretti a rinunciare alla socialità del contatto che nessuno smartphone e nessun social network potranno mai sostituire.

Grazie, presidente Mattarella, di aver deciso di essere in Calabria in questo giorno di “festa”. Avrà modo di parlare a un pezzo di Calabria, quella migliore, quella che ha voglia di guardare avanti con la mente libera da zavorre. A tanti giovani che, probabilmente, vivono in famiglia difficoltà di ogni genere, ma che hanno – rispetto ad altri tempi – una visione più consapevole di quanto niente e nessuno può limitare il loro futuro, una accresciuta e crescente consapevolezza di essere cittadini del mondo, anche oltre il vantaggio anagrafico.

La Calabria, quasi superfluo ricordarlo, fa parte di una delle due Italie (quella più svantaggiata) che decenni di azioni miopi hanno sempre più allontanato, come da qualche anno stanno documentando il dorso identitario di questo giornale (l’Altravoce dell’Italia) e le lucide analisi del direttore Roberto Napoletano.

Le cronache dicono il resto: qui la sanità è disastrata, la cura del territorio è come un ombrello pieno di buchi, i frutti avvelenati della piaga della criminalità mafiosa e degli intrallazzi sono sotto gli occhi di tutti, l’edilizia scolastica è insufficiente, la banda larga ultraveloce è in vastissime aree un miraggio (in alcuni posti non funzionano bene nemmeno i telefoni cellulari), lo scoramento per situazioni di assoluta precarietà sul piano dei servizi e delle opportunità si è trasformato via via in disaffezione per la “politica”.

I più recenti tassi di affluenza alle urne sono un segnale allarmante. C’è poi un inquietante tasso di dispersione scolastica, un problema silenzioso, che raramente si fa spazio nelle cronache, sulla cui gravità c’è poco da aggiungere.

Nessuno può fingere che tutto questo e molto altro ancora non incidano anche sulla condizione di vita dei giovani. Chi può, ad ogni livello istituzionale, deve recuperare parecchio. Ci sono nuove e importanti opportunità, alibi non ce ne sono più. Dalla parte dei giovani c’è, invece, la straordinaria forza del futuro, appunto. E forse anche il bisogno (di sicuro il piacere) di una pacca di incoraggiamento. Benvenuto in Calabria, Presidente. E grazie.

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