Uno dei treni a idrogeno in funzione in Germania
3 minuti per la letturaCOSENZA – È il carburante delle stelle e può aiutarci a vincere la sfida della transizione energetica, candidandosi a sostituto del petrolio. Pur essendo però l’elemento chimico più abbondante dell’Universo, sulla Terra trovarlo allo stato puro non è così facile: sul nostro pianeta l’idrogeno si trova combinato ad altri elementi, l’esempio tipico è quello dell’acqua. Ed è da questi composti che può essere estratto in modo sostenibile.
Le tecnologie per farlo esistono e, pur essendo ancora sperimentali, sono promettenti. L’Europa ci crede – è uno degli obiettivi del Pnrr, declinato in più missioni – e anche la Calabria, che in questa sfida pionieristica pare possa ritagliarsi un ruolo da protagonista. È, infatti, tra le regioni individuate per la sperimentazione dell’idrogeno nel trasporto ferroviario in sostituzione del diesel: un anno e mezzo fa a Ferrovie della Calabria è stata assegnato un finanziamento per l’acquisto di materiale rotabile alimentato dal nuovo carburante (si prevede l’acquisto di 8 treni) e la conversione e il potenziamento della tratta Cosenza-Catanzaro.
Treni, quindi, che andranno riforniti quando saranno in funzione. Per questa esigenza la Regione Calabria si è candidata al bando del Mit per la realizzazione – entro il 2026 – di una centrale di produzione di idrogeno rinnovabile. Un progetto da 46 milioni di euro, con la consulenza del dipartimento di Ingegneria meccanica, energetica e gestionale dell’Unical, tra i protagonisti della ricerca italiana sull’idrogeno (sul Quotidiano del Sud oggi in edicola l’intervista alla referente scientifica per il progetto, Anna Pinnarelli). «È una prima tappa fondamentale raggiunta grazie a una continua collaborazione tra Ferrovie della Calabria, Dimeg Unical e Regione Calabria che mostra come – sottolinea Ferrovie – la ricerca sperimentale applicata sul territorio possa essere una realtà anche nella nostra Calabria».
Ma come funzionerà la centrale? Procediamo con ordine, chiedendoci di quale idrogeno qui si parli. Perché non tutto l’idrogeno è uguale. C’è l’idrogeno “grigio” – oggi il più utilizzato, con stime che raggiungono il 95 per cento – ricavato da combustibili fossili. La sua produzione crea però importanti emissioni: non è, insomma, un idrogeno sostenibile. L’idrogeno “blu” è quello che si ricava sempre da combustibili fossili, prevedendo però un sistema di cattura del biossido di carbonio prodotto come scarto. I costi però sono elevati e l’impatto comunque non si azzera.
Infine, c’è l’idrogeno “green”, l’unico al momento sostenibile: in questo caso l’idrogeno si ricava dall’acqua, separandolo dall’ossigeno tramite elettrolisi. L’elettricità utilizzata nel processo si ottiene da fonti rinnovabili. L’idrogeno green, quindi, è l’unico a zero emissioni tanto nella fase di sua produzione, quanto di utilizzo: il suo scarto non sono gas climalteranti, ma semplice acqua e vapore. Il risparmio di un treno a idrogeno, in termini di emissioni di biossido di carbonio, è di 4.400 tonnellate in un anno, secondo le stime di Alstom, la multinazionale che ha costruito i nuovi mezzi per la Germania.
Oltre a essere sostenibile, l’idrogeno è anche un vettore energetico superefficiente: un chilo contiene la stessa energia di 2,4 chili di metano o 2,8 di benzina. La centrale di Cosenza – localizzata da progetto a Vaglio Lise, nei pressi della stazione e in un’area abbandonata – produrrà quindi idrogeno green tramite elettrolisi dell’acqua, utilizzando energia prodotta da impianti fotovoltaici o eolici (sono in corso interlocuzioni con operatori interessati a investire per realizzarli). L’idrogeno prodotto e stoccato nei serbatoi andrà poi a rifornire i treni.
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