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Reddito di cittadinanza, in Calabria lo percepisce il 13% della popolazione
CATANZARO – «Il 13 per cento della popolazione in Calabria percepisce il reddito di cittadinanza con una media di 563 euro a persona. Ecco perché riteniamo che vada riformato, vada rivisto ma non eliminato senza alternative, altrimenti una parte della popolazione sarebbe in povertà assoluta». Lo ha detto il presidente del Comitato regionale Inps, Gianfranco Trotta, in occasione della presentazione del bilancio sociale dell’Istituto.
Il reddito, nel 2021, ha fatto registrare un notevole balzo in avanti dei nuclei familiari percettori, infatti si è passati dai 93.843 del 2020 ai 100.506 del 2021, con un assegno medio mensile pari a 563 euro con un numero di persone coinvolte pari a 229.732 per il 2020 e pari a 239.433 per il 2021.
Per il governatore Occhiuto, che ha partecipato alla presentazione del bilancio sociale dell’istituto di previdenza, «l’Inps fornisce oggi dati che dovrebbero essere alla base delle decisioni politiche. Questi dati però ci preoccupano e ci dicono che cancellare il reddito di cittadinanza senza alternative è un errore».
Le performance dell’Inps calabrese vedono l’istituto tra quelli con le prestazioni migliori in ambito sociale. «I dati dimostrano una ripresa rispetto all’anno tragico del 2020 – ha sottolineato il direttore regionale dell’Istituto Giuseppe Greco – evidentemente non poteva che essere così, però si traccia un trend che fa anche ben sperare e auspichiamo in una corsa nel 2023. Questo anche grazie all’impegno delle nostre lavoratrici e dei lavoratori dell’Inps che sono però in numero sempre più risicato. I risultati in termini di performance sono frutto anche di un rapporto assolutamente consolidato e ben funzionante con i cosiddetti stakeholders e i patronati senza i quali indubbiamente l’istituto non potrebbe vantare dati di questo di questo livello».
«C’è un esercizio vario della fantasia – ha sostenuto Trotta – che davvero alcune volte ci lascia interdetti. Il ricorso ad assunzioni fittizie per “accaparrarsi” le misure di sostegno al reddito, oppure per “aggiungere” punti ad una graduatoria mortificano le migliaia di lavoratrici e lavoratori che con molti sacrifici si recano al lavoro ogni giorno e che, loro malgrado, sono costretti a fare ricorso agli ammortizzatori sociali perché licenziati oppure per le sospensioni del lavoro stesso. Oltre al lavoro nero, al lavoro precario e sottopagato esiste una nuova o vecchia categoria che è il lavoro fittizio finalizzato ad attingere dai sussidi statali».
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