Agricoltori in protesta
3 minuti per la letturaGli agricoltori in crisi protestano per i margini di guadagno. I consumatori faticano a fare la spesa e la filiera alimentare è troppo lunga.
Da un lato ci sono gli agricoltori che protestano perché i propri margini di guadagno, ormai, rasentano il nulla. Dall’altro ci sono i consumatori, che passano in rassegna gli scaffali e i prezzi esposti e sanno già, a una rapida occhiata, che nel budget della spesa ordinaria non ci stanno più. Come si tengono insieme queste due immagini? Com’è che i primi non guadagnano più mentre il carrello della spesa, dei secondi, lievita (nei prezzi)?
È l’effetto della filiera, come spiegavamo nei giorni scorsi sul Quotidiano. «Bisogna fare una distinzione. Una cosa è il prodotto agricolo, quello che “esce” dai campi dei nostri agricoltori. Un’altra è il prodotto del supermercato. In mezzo ci sono una serie di fasi di lavorazione e distribuzione che incidono sul prezzo finale, con un ricarico che può arrivare fino al 400 per cento rispetto al prezzo d’acquisto praticato all’agricoltore – spiega il professor Antonio Volpentesta, docente di Ingegneria economico-gestionale dell’Unical – Questo divario, tra il prezzo del prodotto agricolo e il prezzo del prodotto del supermercato, è aumentato dopo la pandemia in modo quasi incomprensibile».
«IL POTERE DI MERCATO È IN MANO ALLA GRANDE DISTRIBUZIONE»
Perché sì, è vero che ci sono stati rincari su carburanti, materie prime ed energia elettrica, ma hanno investito tanto i produttori quanto i distributori.
«I costi di produzione sono lievitati anche per gli agricoltori, tra fertilizzanti, macchinati, gasolio. Ma non si sono riversati sul prezzo d’acquisto del loro prodotto nello stesso modo in cui invece hanno impattato sui costi di distribuzione, di trasporto, di conservazione – continua il professore – Insomma, se da un lato i guadagni degli agricoltori si sono assottigliati, dall’altro i margini di profitto della grande distribuzione si sono dilatati. Questo perché il potere di mercato è in mano alla seconda.
Da un lato abbiamo “piccoli” agricoltori che si confrontano con i giganti della distribuzione. Spesso un solo soggetto, che opera in regime di monopolio e fa lui il prezzo, sia quando acquista dai produttori sia quando vende ai supermercati. Dove non c’è il monopolio, troviamo un cartello, ma le dinamiche non cambiano troppo».
COME FUNZIONA LA FILIERA LUNGA?
Come funziona la filiera lunga, quella che porta i prodotti del nostro agricoltore non al mercatino rionale o al negozio di quartiere, ma sugli scaffali dei supermercati? Il produttore in questi casi si affida a un grossista (talvolta tra i due interviene anche un mediatore, che spunterà sul prezzo la sua percentuale) che acquista tutto e fa il prezzo. In molti casi, al grossista si lascia anche l’onere del raccolto, il che implica una decurtazione sul prezzo praticato all’agricoltore. Il prodotto viene poi lavorato e preparato per la commercializzazione. Passa quindi dai grandi mercati all’ingrosso (uno dei maggiori è quello di Fondi, tra Roma e Napoli), dove i grossi operatori vanno a scegliere i prodotti e li smistano a mercati e fruttivendoli.
Oppure arriva alla grande distribuzione tramite le centrali d’acquisto che trattano grossi contratti di fornitura per le catene. Tutti passaggi che comportano attività di trasporto, magazzino, logistica. Ciascuna con un costo.
Cosa resta da fare agli agricoltori? Uscire dalla filiera lunga e dalla grande distribuzione? Impensabile, per chi vuole garantirsi certi volumi.
«A grandi reti di distributori bisognerebbe contrapporre grandi reti di produttori – commenta Volpentesta – Ma la domanda è: chi difende i consumatori? Oggi manca la trasparenza della filiera. Bisognerebbe intervenire per “sanare” questa asimmetria informativa».
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