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Un render del Ponte sullo Stretto

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Entro l’anno riprenderà la mappatura geologica dello Stretto in vista dalla realizzazione del Ponte, il progetto coinvolte anche l’Unical come spiega il docente Rocco Dominici

LA ripresa dell’iter per la realizzazione del Ponte sullo Stretto ha impresso una accelerazione agli studi geologici sull’area. Da qui a qualche mese partiranno i rilievi per la realizzazione del foglio di Villa San Giovanni, uno dei tasselli mancanti – e non sono pochi in realtà, soprattutto in Calabria e Puglia – della Carta geologica dell’Italia. Ovvero la mappatura geologica rigorosa del territorio, in scala 1:50.000, a cui l’Ispra – in collaborazione con Regioni, Cnr e Università – lavora dalla fine degli anni ’80, nell’ambito del progetto Carg.

In trent’anni e passa (ma con uno stop significativo dal 2004 al 2019, quando lo Stato riprese ad assegnare nuove risorse) sono stati completati 348 fogli, il 55 per cento di quelli necessari per coprire l’intero territorio. In Calabria per ora siamo a meno della metà: i fogli completati finora sono 15, tre dei quali stampati, mentre è in corso quello di Bisignano ed è stato avviato Catanzaro. Entro fine anno partirà anche quello di Villa San Giovanni.

PONTE, MAPPATURA GEOLOGICA DELLO STRETTO: VIA LIBERA IN EXTREMIS AI FONDI

Il via libera, in questo caso, è arrivato quasi in extremis, grazie a nuovi finanziamenti al progetto Carg concessi con un paio di emendamenti all’ultima legge di Bilancio. Risorse provvidenziali, perché altrimenti il progetto si sarebbe arenato: con la ripartenza l’Ispra ha deciso di assegnare priorità a Villa e il ponte, ovviamente, ha avuto un ruolo in questa decisione.

«Il foglio geologico rappresenta la base per ogni attività di pianificazione territoriale. Non nasce per il Ponte, ma gli studi specialistici e di elevato dettaglio che saranno eseguiti forniranno dati importanti per questa infrastruttura. È uno studio multidisciplinare integrato delle rocce, dei sedimenti, dei fossili e delle strutture tettoniche e morfologiche di un territorio» spiega Rocco Dominici, docente di Stratigrafia e sedimentologia dell’Unical e responsabile per la regione Calabria e per l’ateneo dello studio. Capofila nel progetto è l’Università di Palermo e insieme all’Unical sono coinvolti anche gli atenei di Catania e Messina.

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L’area che sarà indagata è grande 649 kmq e comprende una larga fetta di territorio siciliano, mentre sul versante calabro è coinvolta proprio la zona su cui sorgerà uno dei due piloni del ponte sullo Stretto. Il foglio di Villa San Giovanni sarà anche l’ampliamento della carta geologica di Reggio e Messina, da poco stampata: insieme ‘scatteranno’ una fotografia geologica approfondita di una delle aree più complesse del Mediterraneo e a maggiore sismicità.

Professore, di cosa si occuperà l’Unical?

«Lavoreremo insieme a Catania e Messina per le aree emerse e con l’università di Palermo per le aree sommerse. Oltre ai rilevamenti sulla parte terrestre, ci occuperemo delle caratterizzazioni dei sedimenti e della stratigrafia e morfologia dei fondali con i colleghi di Palermo. È un lavoro che coinvolgerà numerosi ricercatori, molti miei colleghi geologi del Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra (Dibest, ndr) dell’Unical, con specifiche specializzazioni. Richiederà l’uso di strumentazioni e laboratori del Dibest, con particolare riferimento al laboratorio marino dell’Infrastruttura Sila, di cui sono responsabile scientifico. La geologia, inoltre, è una scienza che “dialoga” anche con le altre, il che apre a collaborazioni con colleghi di tematiche affini, perché questo studio offre anche l’opportunità di analizzare il rapporto tra ecosistemi e sedimenti, tra ecosistemi e morfologia. Sarà anche un laboratorio sperimentale per i nostri studenti di Geologia».

Ne avete molti?

«Questa è una nota dolente. Oggi la richiesta di geologi è elevatissima, ma noi non riusciamo a formarne un numero adeguato, perché ci sono poche richieste di iscrizione. Il punto è che molti studenti non sanno neanche cosa fa un geologo, perché ormai a scuola la geologia non si studia più, se non per pochi limitati argomenti. Ma è un problema non solo nostro, si riscontra nel resto del Paese e anche all’estero».

È la prima volta che si realizza uno studio così approfondito dell’area?

«Questo è senz’altro uno studio con caratteristiche nuove e ‘di servizio’. Lo scopo di un foglio geologico è quello di fornire elementi per la pianificazione del territorio, la gestione dei rischi e anche delle georisorse. Ci sono diversi studi sull’area emersa siciliana e calabrese che risalgono agli anni ‘90 e 2000. Studi meno recenti e numerosi sull’area sommersa. Tuttavia non esiste uno studio globale integrato su tutte le tematiche geologiche dell’area».

Entro quanto tempo il foglio sarà completato?

«Questo tipo di lavoro richiede quattro anni. I primi tre sono in genere dedicati ai rilievi e all’acquisizione dei dati. Tenga presente peraltro che l’area dello Stretto è molto trafficata e noi ci muoveremo su un’imbarcazione, su rotte prestabilite: dovremo tener conto dei ‘calendari’ di navigazione altrui. L’ultimo servirà all’elaborazione del modello e delle note illustrative. Noi a breve approveremo la convenzione e pensiamo di partire con le attività entro fine anno».

I tempi dei progettisti del Ponte, però, sono molto più stringenti. In teoria, il cronoprogramma oggi prevede entro il 30 settembre la consegna della relazione di aggiornamento del progetto definitivo ed entro giugno prossimo la chiusura del progetto esecutivo. Come faranno a tener conto dei vostri risultati?

«I dati saranno a disposizione di Ispra via via che verranno raccolti e potranno essere utilizzati in base alle necessità, già prima di chiudere il foglio».

L’Ordine dei Geologi ha sollecitato l’aggiornamento del progetto e soprattutto dei modelli geologici, geomorfologici e sismotettonici. Nelle audizioni alla Camera, insieme ad Ingv, ha ricordato che l’area presenta caratteristiche geologiche di singolare complessità: le sponde si allontanano di un centimetro ogni anno, quella calabrese si solleva di 2 millimetri, la siciliana di mezzo. Il terremoto del 1908 ha raggiunto magnitudo 7.1 e nell’epicentro si possono raggiungere accelerazioni superiori a 1g. Problemi che in ogni caso tanto Ingv quanto l’Ordine dei Geologi considerano gestibili anche per un’opera così ardita.

Qual è la sua opinione?

«Sulla base dei dati attuali non esiste un rischio che la tecnica non possa risolvere. Ci sono aree con pari sismicità, se non maggiore, in cui si sono costruite grandi opere. Che si tratti di una sfida di livello mondiale è indubbio. Quello che il nostro studio potrà fornire, a supporto del lavoro degli ingegneri e dei geologi, sarà non solo la conoscenza approfondita dei siti che ospiteranno i piloni ma anche dell’area di contesto. Un’area larga 600 kmq. E non è banale: quello che forniremo saranno informazioni dettagliate sulle strutture tettoniche, le deformazioni, le frane, i movimenti dei depositi sottomarini. Elementi che arriveranno da enti super partes. Potranno emergere nuove criticità? Forse, in ogni caso l’esperienza ci ha insegnato che quando sorge un problema, spesso c’è già qualcuno che ha la soluzione tecnica».

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