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La febbre degli scontrini colpisce anche la Calabria tra gelati e coperti ma c’è anche chi ironizza: «Qui ricevute mai viste»

Un coperto a tre euro in una pizzeria di Belvedere Marittimo, sull’Alto Tirreno Cosentino. Sempre qui una margherita viene a costare otto euro. E poi c’è il calzone a Crotone: quattordici euro e settanta centesimi. È l’estate dei rincari “pazzi” questa che stiamo vivendo, quella che passerà alla storia perché due turisti in una meta gettonata del nord Italia hanno addirittura pagato perché dal ristorante gli dividessero un toast. Un’estate in cui le foto delle gambe dei bagnanti sulla spiaggia davanti al mare sono state sostituite da quelle degli scontrini “folli”.

La pratica non ha lasciato esente la Calabria, territorio dove, come nei giorni scorsi hanno evidenziato i referenti delle principali associazioni di categoria, i prezzi – anche e soprattutto in riferimento al mondo della ristorazione – sono lievitati particolarmente. Anche i calabresi, dunque, si sono lasciati coinvolgere dalla pubblicazione social delle loro spese.

C’è chi lamenta che, a Sant’Agata del Bianco, in provincia di Reggio Calabria, due chili di gelato siano costati 30 euro (prezzo che, a dir la verità, sembra anche essere sotto a quello della media nazionale). E chi, ancora, ma stavolta a ragion veduta, si scaglia contro lo scontrino, a Badolato, nel Catanzarese, in cui i commendali hanno pagato i singoli ingredienti di un’insalata. L’episodio, che ha fatto il giro dei social, è stato ripreso persino da “Gambero rosso”, che parla di «scontrino ingenuo».

«Una classica insalata è stata scomposta in più voci al momento del conto, creando prezzi esilaranti. E concludendo così lo scontrino-gate del 2023», chiosa, per l’appunto, “Gambero rosso”. In questo caso, scendendo nel dettaglio, l’insalata veniva a costare otto euro. Tutto ok, pertanto. Il problema ha riguardato, tuttavia, il costo dei singoli ingredienti: cipolla prezzata due euro, olive taggiasche un euro. «Voci del menu – conclude sempre “Gambero rosso” – evidenziano prezzi eccessivi, ridicoli, ingiustificabili (una piccola spolverata di peperoncino, seppur buono, non potrà mai arrivare a costare 1 euro, così come qualche fettina di cipolla rossa)». Definitivo.

A ogni modo, accanto agli scontrini folli – e in certi casi capaci di fare pure sorridere – ci sono anche i commenti di chi lamenta l’assenza di Pos nelle strutture del turismo calabrese. Poi chi, nuovamente sui social, scrive: «Ma gli scontrini nei negozi sono d’obbligo solo in alcune regioni di Italia? Perché in Calabria sono sconosciuti! La finanza dov’è?». Ancora: «La “febbre da scontrino” non ha tanto contagiato la Calabria perché qui da noi non si usa. Cosa? Pubblicare scontrini sui social? No, proprio farli, non si usa».

Insomma, da un lato c’è chi denuncia i rincari, dall’altro certe pratiche dei ristoratori calabresi che sembrano sfociare nel “sommerso”. Alla fine sì, c’è anche un terzo fronte: è quello di chi la Calabria la difende strenuamente, pubblicando in modo diametralmente opposto, gli scontrini dai prezzi stracciati.

«Questa mattina – scrive un utente su Facebook -, prima di prendere la A2 in direzione sud ad Altilia Grimaldi, mi sono fermato al distributore di benzina allo svincolo, per comprare due panini e un trancio di pizza da mangiare, poi, in spiaggia. Magari non è la pizza gourmet da trenta euro, ma vi assicuro che è tutto buonissimo». Costo totale? Tre euro. Qualcuno, in ultimo, da Reggio Calabria, posta la foto di un menu e invita i suoi “seguaci” a raggiungerlo: «Qui il coperto è gratis». C’è, quindi, speranza per tutti.

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