CATANZARO – Che la ‘ndrangheta non conoscesse confini non è una novità, così come la sua capacità di pervasione dell’economia. L’indagine Ipm, l’acronimo di ‘Indice di presenza mafiosa’ misura sintenticamente dove e chi, tra le organizzazioni criminali mafiose, opera sul territorio nazionale. Dallo studio commissionato dal Ministero dell’Interno al Centro interuniversitario Transcrime dell’Università Cattolica del Sacro cuore di Milano, emerge che camorra e ‘ndrangheta sono le più attive e a livello nazionale, conseguono quasi il 70% dei ricavi delle organizzazioni mafiose. Cosa Nostra – è stato spiegato in un convegno a cui hanno partecipato l’ex questore di Milano e ora vicecapo della Polizia Alessandro Marangoni e il docente della Cattolica e direttore di Transcrime, Ernesto Savona – realizza il 18% dei ricavi. A differenza delle altre organizzazioni, che ricavano una parte consistente dei propri ricavi nella regione di origine, quelli della ‘ndrangheta provengono dalla Calabria per il 23%, dal Piemonte per il 21%, dalla Lombardia (16%), Emilia- Romagna (8%), Lazio (7,7%) e Liguria (5,7%). Nello studio, si è proceduto a fare un’analisi degli investimenti attraverso l’analisi dei beni confiscati: sono stati censiti 19.987 beni confiscati, più della metà è un bene immobile (52,3%).
Tra il 1983 e il 2011 il patrimonio confiscato alle organizzazioni criminali mafiose è pari a 19987 beni (immobili, mobili e aziende). In termini numerici, la quota più rilevante degli investimenti è stata destinata all’acquisto di immobili (52,3% sul totale dei beni confiscati). Seguono i mobili registrati (20,6%), altri beni mobili (18,4%) e aziende e titoli societari (8,7%). L’investimento in immobili sembra essere quello privilegiato ma anche quello più esposto al rischio di essere identificato e confiscato. Tra i beni immobili su cui le organizzazioni mafiose hanno investito spiccano le abitazioni (42,4%) seguite dai terreni (25,6%).
Quasi il 50% dei ricavi della ‘ndrangheta proviene dalle regioni del Nord-Ovest. Non a caso Milano e Lecco risultano prime province dopo Reggio Calabria per numero di imprese sequestrate. Questi dati confermano la particolare natura di questa organizzazione e la sua capacità di diffusione al di fuori dei territori originari. Gli investimenti in imprese si fanno con srl (46,6% dei casi). Tra gli investimenti in imprese, le società a responsabilità limitata sono quelle di gran lunga preferite (46,6%), seguite a distanza dalle imprese individuali (25,8%), dalle società in accomandita semplice (14,5%) e dalle società in nome collettivo (8,8%). Al contrario le società per azioni sono presenti in misura ridotta (2%). I settori di attività economica privilegiati sembrano essere quelli a bassa tecnologia. Spiccano, in particolare, il settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio (29,4%) e delle costruzioni (28,8%). Seguono più distanziati gli alberghi e i ristoranti (10,5%) e le attività immobiliari (8,9%).