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CATANZARO – Un licenziamento illegittimo e discriminatorio. Da annullare con tanto di reintegro immediato e risarcimento dei danni pari alla retribuzione globale dovuta dal giorno del benservito fino al momento del ritorno sul posto di lavoro. Il giudice della prima sezione del Tribunale civile di Catanzaro (Controversie di lavoro e Previdenza), Paola Ciriaco, non  fa sconti e, in accoglimento di un lungo e dettagliato ricorso, proposto dall’avvocato Francesco Pitaro nell’interesse di un’infermiera che, per sei anni, ha prestato servizio presso la clinica Villa Serena di Catanzaro, ha condannato la società proprietaria della struttura sanitaria a tornare subito sui propri passi. E di riaprire i cancelli alla ricorrente, la trentaduenne P. B., catapultata fuori da Villa Serena a dicembre del 2011 insieme ad altri 15 colleghi che, come lei, hanno ricevuto la comunicazione di risoluzione del rapporto in conseguenza della procedura di licenziamento collettivo. Con un piccolo particolare: a ricevere la comunicazione sono state solo infermiere donne, avendo il datore di lavoro, nel momento di procedere alla selezione dei nominativi dei dipendenti da mettere in mobilità, attribuito un maggiore punteggio agli infermieri professionali di sesso maschile (3 punti), in relazione alle esigenze tecnico produttive e organizzative per accreditamento e qualità delle prestazioni, e un punteggio pari a zero alle donne. Da qui la natura discriminatoria contestata nel ricorso dall’avvocato Pitaro, a parere del quale, rispetto a questo primo criterio, la “Cagi spa” non ha dato in alcun modo conto delle modalità applicative dello stesso, limitandosi a fare esplicito riferimento alla necessità di “garantire nella turnazione un’equilibrata presenza per genere”, mantenendo in servizio gli infermieri uomini rispetto alle donne. Per il legale, dunque, si tratta di un elemento discrezionale, che non può essere oggetto di controllo e verifica da parte degli interessati, come la legge impone, così da fare apparire l’operato del datore di lavoro totalmente illegittimo. Conclusione analoga a quella tratta rispetto al secondo criterio seguito dalla “Cagi spa” nel caso specifico della ricorrente, che, nonostante la parità di punteggio con un’altra collega nell’individuazione dei dipendenti da licenziare, era stata scelta solo perché “lavoratrice più giovane e quindi in grado di trovare più agevolmente altra collocazione”, nonostante la differenza di età fosse solo di un anno e, soprattutto, senza tenere in alcun conto il punteggio per titoli di studio e specializzazioni che le avrebbero assicurato il posto di lavoro, che, invece, ha perso sulla base di quelli che l’avvocato Pitaro definisce “criteri abnormi”. 

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