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ANCORA una volta ricerca di settore evidenziano elementi che riflettono uno stato di salute dell’economia calabrese che appare uno dei peggiori se non complessivamente il peggiore d’Italia. Molti i segnali di una difficoltà che negli ultimi mesi sono emersi da vari studi effettuati a livello nazionale e regionale, i più preoccupanti riguardano il reddito pro capite, di poco superiore ai 13 mila euro, è il livello dell’inflazione cresciuta negli ultimi 10 anni del 31,6% ben oltre la media nazionale. Ma gli indicatori di una economia in sofferenza riguardano anche il mondo imprenditoriale dove se da un lato si registra il record di imprenditori giovani dall’altro si verifica il calo dell’accesso al credito bancario, la discesa dell’occupazione nel settore dell’edilizia (-7,2%) uno dei due settori trainanti dell’economia calabra, e ancora il calo delle immatricolazioni delle moto che rappresenta l’esempio lampante del calo dei consumi e di conseguenza della stagnazione in uno stato di depressione dell’economia. Anche il dato positivo dell’aumento delle esportazioni, di cui abbiamo dato notizia nei giorni scorsi, in realtà, se letto in termini assoluti, evidenzia dei numeri ancora troppo esigui per poter parlare di ripresa. In questo quadro negativo, ma non disperato in quanto i mezzi per risollevare la regione ci sono, si inserisce anche l’ultimo dato elaborato dal Crif, società che si occupa del rating e delle informazioni finanziarie delle imprese nazionali oltre che essere «la prima ed unica società italiana ad essere stata registrata, nel dicembre 2011, a livello europeo come Agenzia di Rating (Cra), con l’autorizzazione di Consob ed Esma».
LA RICERCA. Dalle informazioni elaborate dal Crif emerge che in Calabria i “campioni nazionali”, ovvero quelle società di capitali che hanno un fatturato superiore a 5 milioni di euro e un rating compreso tra A1 e A4 (ossia con un rischio di default o fallimento estremamente basso), sono complessivamente 126 (pari allo 0,52% del totale nazionale) di cui solamente 2 con fatturato superiore ai 50 milioni di euro, numero che pone la regione al diciassettesimo posto in classifica (sul podio ci sono, come prevedibile, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) evidenziando ulteriormente il basso profilo di sviluppo in cui versa la Calabria soprattutto se rapportato al fatto che il totale delle imprese interessate dallo studio è di circa 24.000. Inoltre, il coefficiente di penetrazione (calcolato come rapporto tra la percentuale di imprese Top Performer e la percentuale di imprese attive sul territorio) è pari solo a 0,27, mentre quello complessivo del Sud e le isole è dello 0,40 e quello nazionale è pari ad 1, un dato che è in assoluto il peggiore tra tutte le regioni d’Italia.
IL CONFRONTO TRA REGIONI. Andando a confrontare i dati della Calabria con quelli delle altre regione la difficoltà dell’economia locale emerge con maggior evidenza. Trascurando di rapportare i dati calabresi a quelli della Lombardia, che conta 7,758 imprese considerate Top Performer con un coefficiente di 1,53, ciò che fa riflettere è il raffronto con regioni più o meno omogenee sotto il profilo degli abitanti o della struttura economico-finanziaria. In questo senso va evidenziato il dato secondo cui la Puglia ha 500 imprese Top Performer con un coefficiente di 0,42, l’Abruzzo si attesta a 317 imprese con un coefficiente di 0,65 e l’Umbria 273 imprese con coefficiente 0,84. Peggio della Calabria, in termini di numero di imprese ma non di coefficiente, si trovano solo la Valle D’Aosta con 56 imprese (tuttavia se pensiamo alle dimensioni della regione ci rendiamo subito conto che in realtà il livello di incidenza del dato è nettamente superiore nella piccola regione alpina) ma con un coefficiente di 1,35, la Basilicata con 52 imprese ma con un coefficiente di 0,32 e il Molise con 34 imprese ma un coefficiente di 0,36. La Calabria, sotto l’aspetto del rapporto tra imprese Top Performer e imprese totali ha il più basso coefficiente d’Italia
Ovviamente l’analisi in questione tiene conto solo ed esclusivamente delle società di capitali e non prende in considerazione, invece, tutte le altre forme di imprenditoria, quale le ditte individuali e le società di persone, che pure in Calabria sono presenti con fatturati in alcuni casi importanti. Tuttavia, in un momento di crisi, la cosiddetta polverizzazione delll’imprenditoria, fenomeno molto diffuso al Sud e in particolare in Calabria, per il quale il numero di ditte individuali, microimprese e società di persone è significativamente elevato, pur incarnando un sistema di svluppo che produce costituisce, anche, un ulteriore elemento di fragilità del sistema imprenditoriale che con maggiore sofferenza può fronteggiare la crisi esistente. Motivo ulteriore per il quale il modello di sviluppo calabrese necessita di una riforma che lo rafforzi e lo faccia realmente crescere.
IL DATO DELLE PROVINCE. Andando a vedere i dati di dettaglio ripartiti per provincia risulta che il primato in regione spetta a Cosenza, dove si registrano 42 casi di eccellenza ma dove è presente un coefficiente di penetrazione pari a 0,22 addirittura inferiore alla media regionale, Catanzaro conta 31 casi di eccellenza (con un coefficiente di penetrazione pari a 0,36), Reggio Calabria 28 casi (con coefficiente 0,25) , Crotone 16 (0,49) e Vibo Valentia soltanto 9 (0,31).
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