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CIRÒ MARINA – La siccità continua a mettere a dura prova la resistenza dei viticoltori cirotani, e per il secondo anno consecutivo. La categoria lamenta: la Regione Calabria non ha chiesto lo stato di calamità naturale al Ministero delle politiche agricole, mentre altre Regioni l’hanno già fatto. Non piove dai primi di maggio nel comprensorio vitato del Cirò doc: il lungo periodo siccitoso ha penalizzato l’ingrossamento degli acini e la resa. E se la qualità delle uve è ottima, la quantità troppo scarsa non consente ai coltivatori di rientrare dei soldi spesi. In diversi vigneti sono apparsi i cartelli “Vendesi”. I rispettivi proprietari sono intenzionati a vendere al migliore offerente la propria vigna, che spesso è un bene trasmesso per successione da padre in figlio.
La vendemmia delle uve precoci, quali sono per esempio le chardonnay, è finita ormai da giorni. E’ iniziata da poco, invece, la raccolta delle uve ottenute dai vitigni autoctoni, greco bianco e gaglioppo. Ma “la resa è molto inferiore a quella della vendemmia 2011, già di per sé critica”, si è rammaricato il presidente della cooperativa vitivinicola Cavic, Aldo Scilanga. Rifacendosi ad un’antica metafora, Scilanga ha aggiunto: «I grappoli hanno chicchi talmente piccoli che, quando li adagi nelle cassette, diventano paglia».
Lui ha minimizzato la corsa alla vendita dei vigneti: «Cartelli simili li ho visti anche nel 2010, allora c’era il problema delle uve invendute, poi conferite alla coop “Cirò cantine”, che ancora non le ha pagate». A suo parere, la maggior parte dei potenziali venditori «ha il doppio lavoro».
SULL’EDIZIONE CARTACEA IL SERVIZIO INTEGRALE A FIRMA DI PATRIZIA SICILIANI
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