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CATANZARO – «Nel 2011 l’attività economica della Calabria ha ristagnato dopo il lieve recupero dell’anno precedente. Secondo le stime di Prometeia, il prodotto regionale in termini reali è cresciuto dello 0,2 per cento, meno della media nazionale. Secondo le nostre indagini presso le imprese industriali con almeno 20 addetti, il 53 per cento delle aziende con sede in Calabria ha registrato un calo del fatturato contro il 45 per cento che ha osservato un aumento. Per il 2012, il saldo dei giudizi delle imprese sul fatturato è previsto in peggioramento». È questo il dato complessivo, un dato senza dubbio allarmante, emerso dal rapporto della Banca d’Italia sull’economia calabrese presentato questa mattina a Catanzaro presso l’Università Magna Graecia. Dati alla mano ad ostacolare gli investimenti delle imprese nel 2011, sono stati: «Il permanere di ampi margini di capacità inutilizzata e i segnali di ulteriore rallentamento della domanda, a cui si sono associate, a partire dalla seconda parte dell’anno, le tensioni sulle condizioni di finanziamento». Senza contare che «nel 2011 il saldo tra la percentuale delle aziende che indicano un incremento degli investimenti e quelle che ne indicano un calo è diventato negativo e nel 2012 l’accumulazione di capitale dovrebbe diminuire ancora». Come se le notizie cattive non fossero sufficienti, occorre aggiungere che la Calabria conferma la sua “storica” difficoltà ad esportare merci all’estero. Secondo lo studio, vi è stato un ulteriore rallentamento «per effetto di un forte calo delle vendite verso l’Unione Europea e in particolare verso i Paesi in cui è in atto una crisi del debito (Spagna, Grecia, Portogallo). I comparti dell’agro-alimentare, dei prodotti chimici e dei macchinari, che complessivamente – conclude Bankitalia – costituiscono oltre il 70 per cento delle esportazioni, hanno subito una flessione».
Passando ad un altro indicatore sullo stato di salute dell’economia calabrese si evidenzia come nella media dei tre anni che vanno dall’autunno del 2008 all’estate del 2011 il tasso di occupazione registrato in Calabria per la popolazione tra i 15 e i 24 anni sia stato pari a circa il 12 per cento. Per le classi di età 25-29 anni e 30-34 anni è stato rispettivamente del 39 e del 51 per cento, si tratta dei valori tra i più bassi a livello nazionale. Nel triennio precedente (2005-2008), i tassi di occupazione si sono ridotti di 2 punti percentuali per le prime due classi d’età e di 4 punti per la classe 30-34. Il calo non è ascrivibile a un aumento del tasso di scolarità, ma piuttosto a una riduzione delle opportunità lavorative per coloro che hanno terminato il percorso di studi.
Ma a proposito di istruzione viene ad evidenza in questo caso un dato positivo. Il livello di istruzione tra i giovani in Calabria, infatti, è superiore alla media nazionale e a quello delle regioni meridionali: i diplomati, infatti, sono il 72,4 per cento dei giovani nella classe di età 20-24 (69,7 per cento in Italia), mentre i laureati nella classe 25-34 sono il 20,2 per cento (19,6 in Italia). La loro condizione occupazionale è tuttavia peggiore rispetto al resto d’Italia. I tassi di occupazione sono significativamente inferiori a quelli medi italiani sia tra i laureati, sia tra i diplomati. Considerando le diverse classi di laurea, la differenza con la media nazionale è massima nella classe di ingegneria e architettura (oltre 30 punti percentuali). La condizione occupazionale dei laureati è tuttavia migliore di quella dei diplomati, che in Calabria hanno il più basso tasso di occupazione tra le regioni italiane (18,3 per cento), quasi la metà della media nazionale.
Nel 2011, l’aumento delle forze di lavoro, a fronte di una domanda di lavoro stagnante, ha fatto aumentare le persone in cerca di occupazione di oltre l’8 per cento. Il tasso di disoccupazione è così salito al 12,7 per cento (11,9 per cento nel 2010; il divario rispetto alla media italiana si è ampliato a 4,3 punti percentuali. L’aumento ha riguardato esclusivamente gli uomini (dal 10,8 al 12,2 per cento), mentre il tasso di disoccupazione femminile è diminuito. Un forte contributo all’aumento della disoccupazione è venuto dalle fasce di età più giovani: il tasso di disoccupazione per i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 è aumentato dal 39,0 al 40,4 per cento, mentre quello per la fascia di età 25-34 è variato meno (dal 18,8 al 19,0 per cento). La differenza con la media nazionale si è ampliata nella classe di età 25-34 anni, ma rimane più elevata nella classe più giovane. Il tasso di disoccupazione è aumentato per i livelli di istruzione più bassi, mentre è diminuito per coloro che possedevano una laurea (dal 10,5 al 10,1 per cento), un andamento analogo a quello osservato nel Mezzogiorno e in Italia. Contrariamente a quanto avvenuto negli anni precedenti, l’aumento delle forze di lavoro (1,6 per cento) ha contribuito a determinare un aumento del tasso di attività, che si è attestato al 48,8 per cento con una riduzione del differenziale negativo rispetto alla media delle regioni meridionali e italiane (rispettivamente 2,2 e 13,5 punti percentuali). La disaggregazione del tasso di attività per genere evidenzia un aumento maggiore per le donne (dal 35,1 al 36,3 per cento), così che il divario tra maschi e femmine ha continuato a ridursi, secondo una tendenza che, come rilevato da BankItalia, è in atto dal 2007.
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