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LA CALABRIA rischia di restare fuori dal pacchetto messo in campo dal governo Monti per ridurre lo stock dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese. Ieri il premier due decreti certificazione crediti, un decreto compensazione crediti-debiti, un decreto sul Fondo centrale di Garanzia e un accordo tra l’Abi e le associazioni imprenditoriali per lo smobilizzo dei crediti delle imprese verso le pubbliche amministrazioni. L’obiettivo è quello di «fornire liquidità alle imprese», «semplificare» il meccanismo di certificazione per fornitori e debitori, «ridurre il rischio di inerzia della pubblica amministrazione» e «favorire una risoluzione per i debiti iscritti a ruolo». 

Sarà possibile, in sostanza, compensare sia i debiti fiscali che contributivi delle pubbliche amministrazioni verso le imprese. E gli enti saranno tenuti a certificare entro 60 giorni dalla ricezione di una richiesta in carta semplice, i crediti che l’impresa richiedente vanta nei suoi confronti. Ma con una postilla: sono esclusi dall’obbligo di certificazione dei crediti scaduti gli enti locali commissariati e le regioni sottoposte ai piani di rientro. E la Calabria, appunto, è sottoposta a piano di rientro per il settore sanitario.

INSORGONO I GOVERNATORI – Adesso quindi si aspetta la pubblicazione dei decreti per capire se l’obbligo di certificazione decade solo per il settore sanitario o se l’eccezione vale per l’ente nella sua totalità. E nel frattempo si accende la polemica. I governatori sono entrati in fibrillazione e in queste ore stanno discutendo di una bozza di documento da inviare con urgenza a Palazzo Chigi viene elaborata in queste ore da Campania, Lazio, Calabria, Molise, Abruzzo e Sicilia.   Per i governatori, escludere le Regioni sottoposte a piano di rientro per i deficit sanitari sarebbe «irragionevole e incostituzionale»: «Non si comprende, infatti, per quale motivo – si legge sempre nella bozza – la certificazione debba essere esclusa in questo caso visto che: riguarda esclusivamente crediti certi, liquidi ed esigibili, e risponde all’esigenza di far fronte celermente ai pagamenti derivanti da obblighi dell’amministrazione, esigenza pienamente compatibile con quella del ripianamento del debito sanitario; gli stessi decreti attuativi prevedono che la certificazione non possa essere rilasciata qualora risultino procedimenti giurisdizionali pendenti, per la medesima ragione di credito, rendendo dunque impossibili duplicazioni o pagamenti contestati dall’amministrazione».  

ALLARME IN CALABRIA – Il governatore calabrese Giuseppe Scopelliti, ha affermato:  «Ci siamo sempre battuti contro chi tendeva a dividere il paese. Per questo crediamo che non debbano esistere Regioni di serie A ed altre di serie B». Il presidente del Consiglio regionale calabrese, Francesco Talarico, ha definito «grave e discriminante» questa prospettiva e ha auspicato «un’azione coordinata e la massima vigilanza da parte di tutte le regioni interessate e delle rappresentanze parlamentari, soprattutto in sede di conversione del decreto» perché, ha aggiunto, «i benefici previsti sono linfa vitale per le imprese, che hanno già difficoltà di accesso al credito in Calabria e che non possono subire ulteriori penalizzazioni». 

La sponda parlamentare per Talarico arriva dall’esponente calabrese dell’Udc Roberto Occhiuto («chiediamo al governo di spiegare quale sia la corretta interpretazione del decreto», ha affermato), ma anche dai deputati del Pd Marco Minniti, Nicodemo Oliverio, Rosa Villecco Calipari, Maria Grazia Laganà Fortugno, Francesco Laratta, Doris Lo Moro e Cesare Marini.   «Regioni, come la Calabria – affermano – a questo punto pagherebbero un doppio prezzo con l’effetto di veder accentuata ulteriormente la dinamica recessiva in una economia regionale già drammaticamente colpita». 

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