L'attore Francesco Colella
INDICE DEI CONTENUTI
- 1 Colella, lei è uno dei personaggi di questa serie “Christian”, che sembra molto particolare rispetto alla serialità italiana, quanto questo progetto l’ha coinvolta e qual è la particolarità di quest’opera?
- 2 Questo festival è arrivato alla quinta edizione crescendo negli anni. Quale valore hanno iniziative di questo tipo?
- 3 Colella, secondo lei il cinema italiano non sta benissimo, una serie come “Christian” fa pensare che però c’è qualcosa di valido.
- 4 E del cinema calabrese cosa può dirci?
- 5 Progetti futuri di Francesco Colella?
PRENDE il via oggi a Crotone la quinta edizione del Calabria Movie Short Film Festival, rassegna nata dall’idea dell’omonima associazione, con l’obiettivo di creare uno spazio di incontro, di confronto e discussione sulla settima arte e quest’anno ad aprire la rassegna sarà l’attore Francesco Colella che accompagnato dalla collega Silvia D’Amico e moderato dal critico Davide Magnisi, sarà coinvolto in un talk in partnership con Sky sulla serie “Christian”, dal titolo “Il miracolo e l’arcano: focus sulla serie Christian”; Colella nato Catanzaro si trasferisce a Roma dove si diploma all’Accademia nazionale d’arte drammatica “Silvio D’Amico.” È uno degli attori principali di Luca Ronconi, con il quale ha lavorato in 17 spettacoli. Negli anni si è ritagliato un meritato spazio tra i più preparati attori italiani. Lo abbiamo incontrato alla vigilia del festival di Crotone.
Colella, lei è uno dei personaggi di questa serie “Christian”, che sembra molto particolare rispetto alla serialità italiana, quanto questo progetto l’ha coinvolta e qual è la particolarità di quest’opera?
«È stata una serie che ha avuto un grande interesse da parte del pubblico e anche un bel successo, perché è un tipo di narrazione abbastanza innovativa. Parte da una storia di periferia con un’impronta realistica e poi prende un tono tra il crime e il grottesco. Mi ha fatto piacere partecipare perché c’è anche un originalità di linguaggio. Poi il personaggio che mi è stato offerto era talmente intrigante che sono stato contento di interpretarlo. Tomei è un veterinario, ma in realtà lavora per questa criminalità romana di periferia: fa sparire cadaveri o ricuce ferite. È un ex medico che decide di ritirarsi in una periferia ad alta densità criminale, probabilmente per punire se stesso. È come se lui ad un certo punto abbandonasse le vesti di professionista alto borghese e andasse in una realtà malfamata decidendo in qualche modo di congelare le sue emozioni, i suoi sentimenti. Un personaggio apparentemente cinico, freddo, spietato, avido, nonostante il fatto che i soldi non si sappia dove li metta, ma la sua avidità serve a mettere alla prova gli altri sul fatto che sono tutte persone monetizzabili. È una specie di sinistro moralista».
Questo festival è arrivato alla quinta edizione crescendo negli anni. Quale valore hanno iniziative di questo tipo?
«Non solo trovo interessante ma molto utile la nascita di nuovi festival, proprio per la possibilità che danno ai giovani registi di condividere con il pubblico le proprie opere, e di cercare di sollevare i propri film da un mercato che quasi sempre è sfavorevole, soprattutto alle opere prime e alle opere di giovine cineasti. Questo non è un periodo felicissimo per il cinema o la serialità italiana e quindi se ci sono festival che gettano una luce su queste opere io sono molto contento di partecipare, soprattutto quando c’è il giusto equilibrio. Un equilibrio che per me consiste nel fatto che il peso maggiore sta nella proposta e nella condivisione di nuove narrazioni e di nuove opere, e il peso minore in quell’ingrediente che comunque è utile ad un festival che è la parte mondana».
Colella, secondo lei il cinema italiano non sta benissimo, una serie come “Christian” fa pensare che però c’è qualcosa di valido.
«Questa serie in realtà si è conclusa due anni fa. Io parlo dell’ultimo anno, anno e mezzo, le produzioni si sono ridotte, c’è il problema del Tax Credit. In qualche modo ci sono delle complicazioni tali per cui produrre un film diventa sempre più faticoso. Tante produzioni sono state rimandate, tante sono state tagliate e questo comporta che maestranze, attori, registri, figure del mondo del cinema, rimangono più e più tempo a casa».
E del cinema calabrese cosa può dirci?
«In realtà non so, posso misurare la temperatura del cinema in generale. Mi faccio testimone, come altri attori, di un momento nel quale la creatività e la possibilità di realizzare film è sempre più faticosa e a farne le spese sono soprattutto i giovani, con nuovi linguaggi, nuove storie, nuove narrazioni. Si indulge su quello che è già accettato, sicuro, acclarato, acclamato. La scoperta di nuovi linguaggi e nuove storie è più faticosa. Ciò non vuol dire che non avvenga, però il clima culturale in Italia si è notevolmente impoverito. Detto questo in Calabria che ci sono diverse produzioni, c’è una Film Commission che lavora con grande serietà. So che si stanno girando diversi film questo mi fa contento, perché vuol dire che il territorio, che le maestranze calabresi possono mostrare il loro valore. Probabilmente adesso finalmente da fuori si sono accorti delle professionalità che ci sono».
Progetti futuri di Francesco Colella?
«Sono in uscita due serie per Netflix, la prima “il Gattopardo” a marzo. La seconda si intitola “Miss Play man”. Poi è in uscita il film “Suspicious Mind” per la regia di Emiliano Corapi».
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