Mario Galea
3 minuti per la letturaDOPO una lunga militanza politica, Mario Galea dice addio al partito democratico. Venerdì scorso ha chiesto agli organi dirigenti di essere depennato dall’elenco degli iscritti al Pd. Questa sua richiesta ha colto di sorpresa solo chi, tra quelli che sono oggi i suoi ex compagni di partito, non aveva mai letto le sue esternazioni sui social.
Il 16 giugno, per esempio, Galea ha scritto: «È evidente come in alcuni partiti politici ci sia una guerra tra “bande” contrapposte. Da esperienza vissuta, se non ne fai parte, ti passano sopra, stra-fregandosene dei cittadini, degli elettori. A Crotone si assiste sempre più a questo gioco al massacro, siccome Crotone è piccola, alcuni gruppi dirigenti di partito hanno svenduto questo territorio ai ras e potentati regionali e nazionali per piccoli interessi di bottega, quali membri delle segreterie della Regione, incarichi di portaborse, contratti co.co.co., posti di lavoro per mogli, figli, concorsi manovrati ad arte per sistemare i figli degli amici». Lo stesso Mario Galea, ex capogruppo consiliare del Pd, rivela i motivi del suo addio nella seguente intervista.
Perché ha chiesto di essere addirittura depennato?
«Perché non mi ritrovo più nel Pd. Non vedo più una politica di sinistra, attenta al sociale. Non si discute più dei problemi della gente. Per me fare politica significa interessarsi dei problemi delle persone, oltre che dei grandi temi ambientali, della bonifica e di Antica Kroton. Io non riscontravo più una politica di sinistra nel mio partito, dal livello nazionale fino ad arrivare nei territori».
Lei covava da tempo questa sua insoddisfazione?
«E’ stata una sofferenza. Il Pd è dal 2011 che non vince una competizione ed è sempre lì al governo. Oggi si parla di campo largo. Abbiamo un segretario che non è stato eletto da un congresso, per non parlare del livello regionale. Dopo due sconfitte a livello regionale, si prosegue come se niente fosse. Si discute solo su come collocarsi alle elezioni successive. Nel partito si rincorrono elezioni su elezioni, senza parlare. Nonostante la sua storia, il Pd non è riuscito a sviluppare una politica che fosse di sinistra, a farsi carico dei problemi della gente, ed ha perso gran parte del proprio elettorato».
Perché lei ritiene di avere una sensibilità politica diversa?
«Perché sono un ex operaio della Sasol, perché conosco le difficoltà che la gente vive. Io frequento la parrocchia di San Domenico. Sa quanti poveri in giacca e cravatta, che stanno sperimentando la povertà, ci sono? Il Pd, invece, è scollegato dalla realtà. Il caso della città di Crotone è emblematico. Un tempo, il partito poteva contare sui voti della classe operaia, perché andavi e parlavi il linguaggio dei lavoratori, oggi il Pd parla il linguaggio di un ceto sociale medio alto. Questo spiega l’emorragia di voti. Questo spiega perché sono arrivato alla determinazione di dire basta. Abbandono un partito da cui non ho voluto né avuto niente, nel corso degli anni sono stato io a dare al partito».
Quale denuncia politica ha inteso fare con il suo post del 16 giugno?
«Crotone è piccola, sono talmente piccoli alcuni gruppi dirigenti che si svendono ai ras nazionali, perché devono garantirsi una candidatura per le prossime elezioni. Venne Berlusconi al PalaMilone e s’impegnò ad inserire la strada statale 106 nel Documento di economia e finanza. Anche adesso la 106 è stata inserita nel Def. Siamo sempre alle stesse cose che si ripetono di governo in governo. A Crotone ci sono gruppi di potere che fanno vivere un senso di rassegnazione. Io non mi rassegno, non voglio stare chiuso in gabbia in un partito. Voglio essere libero di esprimere le mie idee».
Quale aspetto la indigna maggiormente?
«Io, che mi sono laureato grazie alla Lumsa, per fare studiare mia figlia, la devo mandare fuori. Ho una grande rabbia. È la politica che dovrebbe creare i presupposti per attrarre gli investimenti e per incrementare le attività imprenditoriali. Abbiamo un’Amministrazione comunale che ha solo buona volontà, ma in politica non basta essere delle brave persone. Ripeto, il settore dei servizi sociali è abbandonato».
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