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Il sito di Punta Alice come si presenta oggi; sotto il salinodotto non funzionante

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CIRO’ MARINA (CROTONE) – È stato appena rimosso il “tubo della Montecatini“, il simbolo della produzione del sale. Quel tubo nero si distendeva per diversi metri nel mare di Punta Alice: serviva a convogliare nella stiva delle navi il cloruro di sodio iperpuro prodotto dallo stabilimento prospiciente. La produzione è cessata a ottobre del 2008.

A distanza di oltre un decennio da quella data, la società (ambientale) Eni Rewind ha commissionato la rimozione del tubo e del pontile di attracco delle navi, che, ridotti ormai a inutile ferraglia, continuavano a deturpare un mare pluripremiato con la Bandiera Blu e il panorama marino.

Eni ha affidato i relativi lavori mediante una gara d’appalto. Da diversi mesi, sta operando sulla terraferma e in mare una task-force, formata dagli operai delle due ditte appaltatrici, “Sales spa Costruzioni” e “Despe spa Demolizioni Speciali“, che si avvalgono del supporto di un pontone, ossia di un grande e robusto galleggiante munito di una gru.

Qual è l’antefatto? A giugno del 2019, l’allora presidente della Commissione Straordinaria, Girolamo Bonfissuto, rivelò che Eni aveva manifestato al Comune la volontà di smantellare a sue spese solo il tubo e il pontile, preservando l’ex stabilimento, il capannone, dov’era custodito il cloruro di sodio, e le altre strutture, che insistono su un’area costiera che un tempo era comunale e destinata a pineta.

Bonfissuto aggiunse che lui era intento a velocizzare l’iter per la parte che era di competenza del Comune, allo scopo di eliminare dal paesaggio e dall’ambiente “quel mostruoso tubone.” Le operazioni furono però rinviate. Sono iniziate lo scorso aprile.

Adesso, rimosso il tubo, resta sul tappeto il destino del sito dismesso. Sembrava che l’intento di Eni fosse quello di mettere il sito sul mercato, perché i terreni costieri hanno un grande valore e potrebbero attrarre quegli investitori che sono interessati alla costruzione di strutture turistiche ex novo. Ma, a dicembre 2020, durante un consiglio comunale aperto, il sindaco Ferrari e l’assessore regionale all’ambiente, Sergio De Caprio, hanno comunicato che c’è la disponibilità di Eni a dialogare con il Comune intorno ad un progetto di sviluppo sostenibile, nel settore delle energie rinnovabili per esempio.

Per quanto riguarda, invece, il capannone del sale, che fu progettato dall’architetto Nervi, ad agosto del 2019, la senatrice Margherita Corrado sollecitò la popolazione cirotana a fare la seguente riflessione: «se qualcuno volesse interrogarsi sull’opportunità di distruggere il grande capannone, progettato dall’architetto Pier Luigi Nervi, mago del cemento armato, al quale si deve l’Aula delle Udienze del Papa, o invece di riconvertirlo, salvando anche un pezzo di memoria collettiva del Novecento cirotano, il momento è ora, per non essere sempre quelli del giorno dopo».

Sarebbe opportuno seguire anche l’avvertimento del segretario regionale della Filctem Cgil, Francesco Gatto: «l’Eni sui terreni dei siti dismessi sceglie tra tre opzioni, o l’installazione di attività per la produzione di energia da fonti rinnovabili o un presidio post-demolizione oppure la cessione dei terreni, l’Amministrazione comunale deve intervenire per governare il processo».

Finora, un ruolo determinante lo ha svolto la Regione Calabria. Era il 17 dicembre del 1967, quando l’ingegnere capo del Distretto minerario di Napoli accordò con decreto distrettuale, per la durata di 30 anni, alla Montecatini-Edison spa, con sede in Milano, la concessione mineraria di salgemma, denominata “Timpa del Salto.” La miniera è a Belvedere Spinello. La concessionaria costruì un salinodotto lungo circa 41 chilometri per il trasporto della salamoia dalla miniera allo stabilimento di Cirò Marina, munito del pontile di attracco per le navi del sale.

Alla Montecatini subentrò Syndial, che, cessata la produzione nel 2008, non rinnovò la concessione, scaduta il 26 novembre 2012. C’era la società Idrosal in attesa di ottenere la stessa concessione mineraria. La Regione si riservò di esperire una gara, dopo la consegna della miniera e delle pertinenze, di cui non si ha notizia. Sempre la Regione, nel 2018, rinunciò al ricorso presentato (anni prima) davanti al Tar, insieme al Comune di Cirò Marina, optando per la firma di una transazione con Eni, che prevede un ristoro milionario (non ancora pagato) solo per Belvedere Spinello.

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