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Sanità: tagli all’assistenza domiciliare, l’Asp di Crotone non tiene cura delle difficoltà dei pazienti; il calvario di un parkinsoniano: La figlia caregiver: «Mio padre ha ferite gravi. Ora devo improvvisarmi infermiera e terapista»


CROTONE – Non si contano le famiglie devastate dai tagli sull’assistenza domiciliare integrata decisi dall’Asp di Crotone. E c’è chi deve improvvisarsi infermiere e terapista e mettere mano al portafogli già alleggerito da sacrifici economici di lunga data. La testimonianza di Tiziana Strologo, figlia di Lanfranco, un omone di 89 anni, parkinsoniano da nove, alto un metro e 85 centimetri, è drammatica. «In famiglia siamo in quattro ma gli aiuti non bastano. Mio padre da anni è gravemente affetto dal morbo di Parkinson, malattia invalidante e progressiva. Mia madre l’ho persa a ottobre, aveva 88 anni, si è consumata per assistere mio padre. Ma da un mese anche noi figli non abbiamo più una vita».

Che accade? Ecco come si riverberano nella vita pratica delle persone che soffrono la corsa ai ripari contro quelle che il commissario straordinario Antonio Brambilla chiama “criticità nell’appropriatezza di alcune prestazioni Adi”. Sicuramente non è il caso della famiglia Strologo, come non era il caso della famiglia D’Amico, della quale abbiamo già raccontato la triste storia. «Mio padre è rimasto al terzo livello (quello che prevede trattamenti più intensi che in molti casi sono stati declassati, ndr) ma questo non significa che la situazione sia rimasta invariata: da 45 prestazioni mensili è finito a 18. Eppure la sua vita dipende dai servizi di assistenza».

L’operatore socio-sanitario prima andava a casa Strologo cinque volte a settimana, adesso tre. «L’oss è una figura determinante perché si occupa ogni giorno dell’igiene di mio padre, un omone per sollevare il quale sono necessarie tre persone. Ma ha dovuto rinunciare a prestazioni del fisioterapista e dell’infermiera che sono state spalmate nell’arco del mese. Così l’infermiera viene una volta al mese, soltanto per i prelievi necessari per le analisi. E io stessa mi sono dovuta trasformare in infermiera e terapista». Perché anche terapista? «Mio padre non muove una mano e va imboccato, ma ho dovuto fare una scelta dando priorità all’igiene». E perché infermiera? «Io ora provvedo anche a medicazioni di piaghe».

Le sofferenze lancinanti delle piaghe da decubito lo sanno bene i pazienti e i loro familiari in cosa consistono. Lo sa anche Brambilla, che oltre ad essere un manager è anche un medico e si è occupato di assistenza domiciliare quando lavorava in Emilia, una delle regioni all’avanguardia nella sanità. Ma ce lo racconta meglio la caregiver-infermiera-terapista: «mio padre è al secondo intervento per rimuovere un epitelioma, ha ferite sotto il mento e sul petto, sono forme tumorali che scavano solchi fino all’osso e che sono favoriti dal Parkinson perché stando a capo chino si produce più bava, saliva acida che, appunto, scava nella pelle».

Finora «l’assistenza avuta tramite Adi ha alleviato in parte le nostre sofferenze, ma ora la situazione è indicibile, per avere un’idea bisognerebbe soltanto provarla».
L’appello è al presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto: «ai cittadini non importano le motivazioni burocratiche, procedurali o politiche alla base di una decisione che è di una gravità inaudita e gravida di conseguenze nefaste per la vita dei più deboli, che si sentono ancora più fragili perché avvertono l’ansia di non farcela, di non riuscire a sopravvivere. Questa decisione – aggiunge – va immediatamente revocata quali che siano i costi che la società deve sopportare». Chissà, se Occhiuto riservasse per i dolenti lo stesso impegno che ha profuso perché il Capodanno Rai si tenesse nella città di Pitagora, forse accadrà quanto spera la caregiver crotonese.

Intanto prevalgono calcoli ragionieristici a spese della salute, come denuncia anche Uneba, l’associazione di categoria che rappresenta le strutture accreditate, da un anno e mezzo non pagate dall’Asp e costrette a erogare meno servizi, anche al signor Strologo.
Però almeno finitela con la retorica della Calabria solidale. Davvero insopportabile se poi ci si dimentica dei fragili. «In ogni sede si magnificano doti di umanità della Calabria che fallisce la propria missione tradendo proprio i cittadini più deboli. Occhiuto ha il dovere, non solo la facoltà, di porre rimedio con la massima urgenza a una situazione indicibile». Parola di Tiziana Strologo, impiegata amministrativa della grande distribuzione, figlia di Lanfranco, meglio conosciuto come “il “maestro Strologo”, come lo chiamavano i colleghi della ditta di carpenteria metallica in cui ha lavorato una vita. Una vita a contatto con metalli e sofferenze causate dai metalli. Ma questa è un’altra storia.

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