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I tagli all’Assistenza domiciliare integrata, ancora non contrattualizzata contrariamente a quanto sta avvenendo in altre Asp calabresi, si ripercuotono pesantemente sulla vita dei pazienti e dei loro familiari a Crotone e provincia

CROTONE – «Fino a pochi giorni fa l’operatore socio-sanitario veniva tutti i giorni a casa, da lunedì a venerdì, adesso viene soltanto due volte a settimana. E perché non si aggravino le piaghe a mio marito, che non è autosufficiente, devo rigirarlo da sola a letto»: è la drammatica testimonianza della signora Rita Riganello, la cui vita si sta trasformando in un incubo. «Sono impazziti, chi ha preso questa decisione dovrebbe mettersi nei panni degli ammalati», lamenta la sinora Riganello.

I tagli all’Assistenza domiciliare integrata, ancora non contrattualizzata contrariamente a quanto sta avvenendo in altre Asp calabresi, si ripercuotono pesantemente sulla vita dei pazienti e dei loro familiari a Crotone e provincia. Mentre si protrae da mesi una situazione di stallo, poiché i nuovi contratti che dovrebbero garantire cure indifferibili ed assistenza continua sul territorio ai pazienti con gravi patologie senili, giacciono ancora sulla scrivania del commissario dell’Asp, Antonio Brambilla, in attesa della sua firma, sono state declassate, a quanto pare in molti casi, le prestazioni Adi di terzo livello, quelle che costano di più, portate al secondo o addirittura al primo livello, che prevede trattamenti più blandi. Una vicenda che, da quanto è stato possibile apprendere, ha causato attriti tra Brambilla e l’Uvm (Unità di valutazione medica). Le dequalificazioni di un servizio fondamentale avvengono, infatti, in assenza di pareri del medico di famiglia o di quello delle strutture accreditate.

Ma su cosa si risparmia? Lo spiega benissimo la signora Riganello, che vive col reddito di inclusione e la pensione del marito, Michele Antonio D’Amico, e deve pagare anche l’affitto. «Prima l’oss veniva tutti i giorni, sabato e domenica esclusi, adesso soltanto due volte a settimana. L’infermiera veniva due volte a settimana, adesso due volte al mese. Il terapista veniva tre volte a settimana, adesso una sola. Sarò costretta a far venire un terapista a pagamento una volta in più, anche se non posso permettermerlo». Già. La signora Riganello precisa, con grande dignità, che ha «quasi pudore a dirlo, ma non deve essere considerata un’umiliazione perché i pazienti dell’Adi e i loro familiari dovrebbero far sentire la loro voce. L’unione fa la forza».

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Ed eccola, la voce dolente dei caregiver crotonesi. «Vado e vengo dall’ospedale, da anni mi occupo di mio marito che è paralizzato, viviamo con la sua pensione e il reddito di inclusione. L’ho sempre aiutato a lavarsi e vestirsi, prima non muoveva una gamba, adesso se ne è andata anche l’altra. Lui ha 73 anni, ha avuto in passato due ischemie, io ne ho 68 e comincio anche io ad avere i miei acciacchi, non sto più bene. E proprio quando comincia ad aggravarsi la situazione anche per me subiamo questi tagli». Ai vertici dell’Asp la signora chiede di «venire a vedere come è ridotto il braccio di mio marito. Se non viene rigirato continuamente, si aggraverà ancora di più. E so anche – aggiunge – che ci sono tanti altri ammalati che sono stati abbandonati».

La vertenza dell’Assistenza domiciliare integrata a Crotone rischia di scoppiare perché 600 prestazioni vengono erogate giornalmente in assenza di contratti. Le strutture accreditate, che minacciano di adire le vie legali, erano state convocate una prima volta dall’Asp ed hanno firmato i contratti alle condizioni proposte. Il commissario ha ritenuto però di non controfirmare ritenendo necessarie alcune modifiche. Si è tenuto quindi un secondo incontro per sottoscrivere i contratti modificati dall’Asp più un verbale in appendice, che disciplina le modalità di erogazione delle prestazioni. Manca ancora la firma di Brambilla, che renderebbe operativi quegli accordi e deve essere apposta per legge contestualmente dalle parti. Pertanto il Distretto sanitario territoriale, in assenza di regolare contratto controfirmato, non può autorizzare l’attivazione delle prestazioni di Adi agli operatori privati, che intanto anticipano i costi e sono allo stremo avendo esaurito il budget. Eppure il Tar ha precisato con propria ordinanza che «il decreto dirigenziale della Regione non pregiudica la possibilità per le Strutture private accreditate di accedere ad eventuali conguagli attivi e passivi, così da assicurare prestazioni Adi ad almeno il 10% degli ultrasessantacinquenni».

In questo contesto, gli avvocati Roberto Previte e Claudia Parise, per conto di Uneba, la più rappresentativa delle associazioni di categoria a cui aderisce la quasi totalità delle strutture, hanno chiesto all’Asp l’accesso agli atti inviando, per conoscenza, l’istanza anche alla Corte dei Conti e alla Procura di Crotone, alle quali si riservano di segnalare eventuali irregolarità. C’è un paradosso, infatti: le strutture operanti presso l’Asp di Crotone sono accreditate in data anteriore rispetto quelle delle Asp di Cosenza e Reggio, che, pur avendo ricevuto l’accreditamento di recente, nei primi mesi del 2024 hanno ottenuto la contrattualizzazione grazie ai fondi del Pnrr.

Con decreto del commissario ad acta, il presidente della Regione Roberto Occhiuto, nel luglio 2023, è stata approvata la riorganizzazione della Rete territoriale calabrese proprio in coerenza con gli obiettivi del Pnrr. In relazione al fabbisogno Adi, le risorse riconducibili al sub-investimento per la Calabria ammontano a circa 130 milioni. A ciò va aggiunta la ripartizione annuale delle risorse per il personale dal 2021, per un importo di oltre 63 milioni. Quante risorse. Eppure la signora Riganello dovrà mettere tasca al suo portafogli, perché la vita del marito e la sua si stanno trasformando in un incubo. Intanto, l’associazione Uneba fa appello ai vertici dell’Asp: no a «calcoli ragionieristici» che si riverberano sulla salute dei pazienti.

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