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Il Comune di Reggio Emilia

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CUTRO – Ancora pregiudizi discriminatori nei confronti della comunità cutrese a Reggio Emilia, stavolta innescati da una polemica sull’intitolazione di una rotonda a Norma Cossetto, la vittima delle foibe.

Tanto che la consigliera comunale di origini cutresi Palmina Perri, della lista “Reggio è” (la lista della coalizione di maggioranza Pd) ha chiesto pubbliche scuse al collega del Gruppo misto Cristian Panarari, che, dopo la bocciatura in Consiglio della proposta (avanzata da FI) con la motivazione che una via dedicata ai martiri delle foibe c’è già a Reggio Emilia e che manca un legame specifico col territorio, oltre al fatto che un elenco di toponimi giace in riserva e che le rotonde non sono mai state intitolate nella città emiliana, ha citato il caso dell’intitolazione di viale Cutro in maniera abbastanza impropria.

«Bisogna dedicare – ha detto il consigliere reggiano – le nostre vie solamente a chi si è distinto per Reggio Emilia? Probabilmente il processo Aemilia non ha insegnato nulla a questa amministrazione». E quando Perri ha osservato che si è trattato di «una brutta uscita», pretendendo le scuse perché «l’intenzione era quella di identificare spregevolmente il mio paese e la mia comunità di origine», Panarari ha corretto il tiro, ricordando di avere molti amici cutresi e sottolineando che «la delinquenza non ha cittadinanza», ma ha precisato che non intende rettificare. Ne abbiamo parlato con Palmina Perri.

Da dove nasce la querelle?

«C’era una proposta di FI a cui sin dall’inizio sono opposta nonostante il mio partito, il Pd, sul punto si sia astenuto. Le motivazioni della mia contrarietà non hanno nulla a che vedere con quelle alla base dell’uscita di Panarari che tradisce una sorta di pregiudizio».

Ci sono ancora pregiudizi nei confronti della comunità cutrese a Reggio Emilia?

«Certo che ci sono. L’infelice uscita di Panarari ha suscitato disappunto anche da parte di esponenti della Lega. La frase “Aemilia non ci ha insegnato niente” è gravissima, anche il presidente del consiglio comunale si è dissociato da questa affermazione, perché criminalizza un’intera comunità».

Non ritiene che da parte della comunità cutrese non ci sia stata una presa di distanza netta dal fenomeno mafioso, dopo il caso Aemilia, con iniziative forti, visibili, e che questo abbia determinato a sua volta una presa di distanza da parte dell’opinione pubblica reggiana?

«C’è stata una presa di distanza soprattutto nel settore produttivo.  Forse c’è stato anche un problema di mancanza di strumenti ma sentirò sempre l’esigenza del rispetto che la comunità merita. Io ritengo che la realtà sia quella di una comunità operosa che dovrebbe fare gruppo per far venir fuori la positività delle proprie azioni. Purtroppo negli ultimi anni la comunità si è ripiegata su se stessa sentendosi colpevolizzata. Ma il processo è stato nei confronti di qualche centinaio di cutresi, non di tutta la comunità».

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