L'operazione Blizzard-Folgore
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Le carte dell’inchiesta che ha portato all’operazione Blizzard-Folgore con 17 arresti, Masciari la nuova figura dell’ndrangheta di Isola.
ISOLA CAPO RIZZUTO – Più che ai riti di affiliazione, le nuove generazioni avrebbero dovuto pensare ai profitti. Lo diceva, durante una conversazione intercettata, Luigi Masciari, figura cerniera tra gli affari della cosca di Isola Capo Rizzuto e la provincia di Bolzano, dove si era trasferito per un periodo di tempo. È quanto emerge dalle carte dell’inchiesta che ha portato all’operazione “Blizzard-Folgore”, nell’ambito della quale sono state arrestate 17 persone. Luce sarebbe stata fatta sui nuovi assetti delle cosche di Isola. Secondo quanto ricostruito dalla Dda di Catanzaro, Masciari, tra i destinatari della misura cautelare in carcere, avrebbe avviato nella provincia trentina una serie di progetti imprenditoriali di natura criminale, basati prevalentemente sulla commissione di reati di natura economico-finanziaria. L’input alle indagini è venuto dalla Procura di Trento, insospettita dalla presenza nel tessuto socio-economico di quell’imprenditore 44enne imparentato con i vertici delle cosche Arena e Nicoscia di Isola.
I NOMI
In carcere sono finiti Antonia Arena; Antonio Arena; Antonio Francesco Arena; Antonio Bruno; Antonio Giardino; Marilena Manfredi; Pasquale Manfredi; Antonio Masciari; Francesco Masciari; Luigi Masciari; Mario Megna; Domenico Megna; Luigi Morelli; Pasquale Morelli; Nicola Pittella; Carlo Alberto Savoia; Antonio Viola.
Indagati anche: Salvatore Arena; Francesco Anselmo Cavarretta; Antonietta Corda; Salvatore Gareri; Francesco Garofalo; Luigi Manfredi; Giulia Mercoledisanto; Giuseppe Porcelli; Antonio Ruggiero; Giuseppe Verterame; Luigina Verterame; Vincenzo Verterame.
ISOLA, L’INCHIESTA BLIZZARD FOLGORE
Le attività investigative, condotte dai militari del Ros in collaborazione con la Dia di Padova, supportati dai carabinieri del Reparto operativo di Crotone, avrebbero consentito di accertare come, mediante strumenti di schermatura, siano state gestite, attraverso prestanome, diverse società che hanno permesso di drenare denaro dell’economia reale verso le casse del clan. Gli indagati, secondo l’accusa, dotavano le loro società di crediti fiscali fittizi con lo scopo di trarre profitto dalla vendita diretta o dal loro utilizzo nel sistema delle compensazioni d’imposta. Le realtà economiche sarebbero state concepite per essere assorbite in tutto o in parte da imprese con debiti erariali a cui si sottraevano attraverso le compensazioni dei crediti fittizi.
Operazioni di fusione per incorporazione, grazie al ricorso delle cosiddette “società serbatoio”, avrebbero consentito all’organizzazione di aggiudicarsi contratti di appalto a prezzi nettamente inferiori rispetto ai parametri di mercato.
Contestualmente agli arresti è scattato un sequestro di beni per 25 milioni. Ma accanto ai reati economici ci sarebbero stati quelli “tradizionali”. Estorsioni, usura, armi. La gip distrettuale di Catanzaro Arianna Roccia ha accolto le richieste del pool antimafia guidato da Vincenzo Capomolla (allora capo facente funzioni della Dda) e composto da Domenico Guarascio, Pasquale Mandolfino e Paolo Sirleo.
IL “COLLANTE” COL NORD
Collante tra la casa madre di Isola e gli affari al Nord sarebbe stato Masciari, amministratore (anche di fatto) di numerose imprese, operanti in disparati settori economici e funzionali alla commissione di illeciti di natura finanziaria, i cui proventi venivano, in parte, destinati alla cosca. Ma Masciari non disdegnava metodi più “tradizionali” in quanto per la risoluzione di un contenzioso per l’acquisizione di un capannone si sarebbe rivolto al boss del quartiere Papanice di Crotone, Domenico Megna.
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L’assistenza ai detenuti sarebbe stata una costante dell’organizzazione e Masciari vi contribuiva, a quanto pare. Emerso il sostegno ai familiari di Pasquale Manfredi, esponente dell’omonima famiglia alleata alla cosca Nicoscia. Ma la figura di Masciari è moderna perché lui pensava ai soldi più che alle “doti di ‘ndrangheta, sbeffeggiando quanti si vantavano di aver rivestito il grado di “camorra” e rimarcando di aver ricevuto da diverse fazioni dei clan isolitani proposte di affiliazione formale.
L’INCHIESTA BLIZZARD FOLGORE DI ISOLA MOSTRA LA “CASA MADRE”
Masciari però non dimenticava di aver dato “una mano quando è possibile”, facendo riferimento all’assunzione di figli di pregiudicati. Uno dei riferimenti principali del gruppo criminale sarebbe stato comunque Francesco Antonio Arena, classe ’91, uno dei pochi esponenti in libertà della famiglia di ‘ndrangheta, figlio di Pasquale “Nasca”, figura di spicco del clan. «Sono il figlio di Pasquale “Nasca”, non sono un pagliaccio, sono 15 anni che sono nel locale», diceva. Eppure ha poco più di 3o anni, metà dei quali vissuti da affiliato.
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