L'ospedale di Crotone
3 minuti per la letturaCROTONE – Scene da Far West a Crotone, dove una donna ha aggredito con calci e pugni due infermiere e due dottoresse del pronto soccorso dell’ospedale “San Giovanni di Dio”, ferendo le quattro malcapitate, appena si è sentita dire che un suo parente, ch’era in attesa di essere visitato, avrebbe dovuto attendere il proprio turno. Questo gravissimo episodio è accaduto alle ore 22,30 circa di domenica 18 agosto. La donna è stata fermata dalle forze dell’ordine, condotta in Questura e denunciata. I testimoni assicurano di non aver mai visto, prima di quel momento, un’aggressione così violenta all’interno del pronto soccorso crotonese, dove, purtroppo, le aggressioni verbali sono pressoché quotidiane e quelle fisiche tutt’altro che rare.
La donna, che pare sia la sorella di un sacerdote, è entrata nel pronto soccorso per sollecitare la visita del suo parente. Appena le due infermiere del triage le hanno spiegato che il paziente avrebbe dovuto attendere il proprio turno, in quanto – come si evinceva dal codice assegnatogli – le sue condizioni non richiedevano un trattamento urgente, la donna si è scagliata con una violenza inaudita e inaspettata contro le due infermiere e le due dottoresse in servizio, sferrando calci e pugni a tutt’e quattro le operatrici sanitarie.
Il bollettino medico di quanto è accaduto al Pronto soccorso di Crotone è pesante: le due infermiere hanno riportato rispettivamente una contusione alla spalla, una ferita al labbro e fratture al pollice della mano, le due dottoresse, invece, un ematoma inguinale, una distorsione al polso e un forte shock. Stoicamente, malgrado le lesioni, il dolore e la prostrazione, le infermiere e le dottoresse malmenate hanno continuato a prestare la propria opera nel pronto soccorso, sino alla fine dei rispettivi turni di lavoro, per non gravare di ulteriori oneri i colleghi in servizio e per non danneggiare i pazienti in attesa.
Il parente della “picchiatrice”, invece, si è dileguato, come rilevano in una nota il commissario straordinario dell’Asp, Antonio Brambilla, e il direttore di presidio medico, Lucio Cosentino. Entrambi hanno definito «inaccettabile» l’aggressione, che ripropone la spinosa questione della sicurezza del personale sanitario, esprimendo vicinanza e massima solidarietà al personale coinvolto. «Situazioni intollerabili- scrive la direzione dell’Asp – che mortificano chi lavora duramente e con abnegazione per la salute dei cittadini, spesso in condizioni difficili e in numero ridotto». L’Azienda si è ripromessa di adottare le opportune procedure per prevenire episodi analoghi. Anche il presidente e il consiglio direttivo dell’Ordine dei medici chirurghi ed odontoiatri della Provincia di Crotone si dicono «fortemente preoccupati per questa escalation di violenza», nonostante gli inasprimenti delle pene e delle sanzioni previste dalla legge 14 agosto 2020 numero 113, voluta dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri e dagli Ordini provinciali «per contrastare appunto gli episodi di violenza a danno degli operatori sanitari».
«Il moltiplicarsi di aggressioni ai medici, oltre che per un malcostume generalizzato, che, con gli oltre 3000 episodi all’anno (stanti i soli casi denunciati), connota un fenomeno in lungo e in largo tutto italiano, evidentemente è anche frutto dell’individuazione nel medico e negli operatori sanitari dei capri espiatori di malcontenti dovuti a contesti difficili e a condizioni spesso non in linea con le aspettative, non fosse per altro che per le note carenze di personale». L’Associazione Italiana Donne Medico Regione Calabria chiede, quindi, con forza che vengano adottate misure concrete e urgenti per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro e che sia avviata una riflessione profonda sul rispetto dovuto ai professionisti della salute, per, poi, invitare le autorità competenti a potenziare i presidi di sicurezza e a promuovere campagne di sensibilizzazione che ristabiliscano il giusto riconoscimento del loro ruolo fondamentale. «Confidiamo -concludono- che la giustizia faccia il suo corso».
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