Il porto di Catanzaro
3 minuti per la letturaTre persone sono finite agli arresti per i continui tentativi di estorsione nei confronti di una ditta operante al porto di Catanzaro
CROTONE – L’appalto dei pontili del porto turistico di Catanzaro Lido faceva gola alla cosca Barillari Foschini di Crotone. «Amici di Catanzaro vogliono la torta», dicevano i presunti emissari del clan a un imprenditore crotonese, che ha deciso di non sottostare alle imposizioni e di denunciare. Non erano, infatti, fette di torta, quello che gli chiedevano, ma soldi e posti di lavoro. Così, con l’accusa di tentata estorsione con l’aggravante mafiosa, la Squadra Mobile pitagorica ha arrestato Luigi Mendicino, di 63 anni, di Crotone, Luigi Foschini, di 73 anni, anche lui di Crotone, e Antonio Carvelli, di 76, di Isola Capo Rizzuto. Per il primo il gip distrettuale di Catanzaro Luca Bonifacio ha disposto il carcere, gli altri due sono finiti ai domiciliari. Il pm Antimafia Pasquale Mandolfino aveva chiesto misure in carcere per tutti e tre.
Ha deciso di denunciare, l’imprenditore vittima, dopo alcune “visite” poco piacevoli risalenti alla scorsa estate. A presentarsi al cantiere di Catanzaro Lido sarebbe stato Carvelli, che chiedeva all’uomo di incontrare delle persone, di cui non rivelava il nome. Carvelli avrebbe presentato all’imprenditore, in un successivo incontro, Mendicino e Foschini che gli intimavano di versare loro del denaro.
Pochi giorni prima di Ferragosto, però, l’imprenditore trova il coraggio di riferire tutto agli uomini del vicequestore Ugo Armano, che avviano le indagini. Dal racconto del denunciante, emerge innanzitutto che Carvelli asseriva di essersi intromesso durante una discussione in cui Foschini chiedeva a qualcuno di fare al figlio dell’imprenditore una richiesta di assunzione. Carvelli si proponeva di fare da tramite, conoscendo direttamente l’imprenditore. Questi però rispondeva di non essere in quel momento in condizioni di assumere nuovo personale, soprattutto non specializzato. Carvelli, però, non demorde. Torna dall’imprenditore sostenendo che quelle persone hanno una scadenza da rispettare a Ferragosto, irrompe in ufficio senza preavviso chiedendo se ci siano “novità”.
Alla fine l’incontro viene fissato in un bar di Crotone. Carvelli presenta all’imprenditore gli altri due indagati e si allontana. E Mendicino, al cospetto di Foschini, l’anziano della famiglia di ‘ndrangheta crotonese, inizia a parlare, facendosi portavoce, a suo dire, di “catanzaresi” che pretendevano la “torta”, e sostenendo che i suoi mandanti erano pronti a fare la stessa richiesta a suo figlio.
A quel punto l’imprenditore vuole scongiurare quest’eventualità, temendo per i propri familiari. Rinvia la questione, prende tempo, dice che si trova in difficoltà. E va in Questura a denunciare.
Nessun dubbio che si sia trattato di un tentativo di estorsione, secondo il gip, che rileva «professionalità», ovviamente in senso criminale, nel modus operandi degli indagati i quali, in particolare, si mostravano a conoscenza dell’acquisizione dell’appalto concesso dal Comune di Catanzaro e sostenevano di non usare telefonini. «Tutta questa professionalità nell’agire illecitamente – scrive il gip – era chiaramente evocativa per la vittima di una realtà criminale particolarmente strutturata, ciò che da un imprenditore del Crotonese, di certo consapevole delle dinamiche del posto, non poteva non essere ricondotto alla ‘ndrangheta».
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