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L'incendio dell'auto di Giovanni Aiello e di una vettura parcheggiata vicino alla sua

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MESORACA (CROTONE) – Si è soffermato, non a caso, sul concetto di perdono alla celebrazione centrale della domenica mattina e ha invitato l’autore dell’incendio della sua auto a parlare con lui: il pastore evangelico Giovanni Aiello prosegue il suo impegno anche dopo la seconda, gravissima intimidazione. Anche se stavolta è «preoccupato che fatti come questi possano ripetersi». Era a tavola, in un ristorante nei pressi del campo sportivo, con un altro pastore evangelico, venuto dalla Svizzera, ed alcuni amici quando alcune ragazze sono entrate nel locale urlando. «C’è un’auto in fiamme». La sua Nissan “Qashqai” bruciava, così come la vettura parcheggiata accanto, di un altro avventore che si trovava anche lui nel ristorante per festeggiare una ricorrenza con altre persone.

Il pastore evangelico Giovanni Aiello

Inequivocabile la matrice dolosa, secondo i vigili del fuoco, che hanno domato le fiamme dell’auto, e i carabinieri, che hanno sentito a lungo il pastore evangelico della chiesa “Ministero Fonte di Grazia”, ritenuto il vero “obiettivo”. Del resto, il suo è il veicolo maggiormente danneggiato. Di solito lascia l’auto aperta ma l’altra sera aveva chiuso a chiave perché nell’abitacolo c’erano un tablet e dei soldi, andati in fumo anche quelli. Si divide tra le chiese evangeliche di Mesoraca, Foresta di Petilia Policastro, Roccabernarda e Petronà e altre due in Svizzera, in Canton Ticino e a Zurigo. Spesso va a Lavena Pontetresa, cittadina svizzera gemellata con Mesoraca e meta dell’esodo di una nutrita comunità di emigrati. Una volta all’anno è in missione in Burkina Faso. Ma è la seconda intimidazione che subisce.

Nel dicembre scorso i “soliti ignoti” hanno distrutto la sua casa di montagna, nella località Fratta. «Pensavo sarebbe finita lì, non mi aspettavo questa “novità”», dice al Quotidiano. La sua denuncia è contro ignoti e non ha sospetti nei confronti di alcuno ma ritiene di poter escludere la riconducibilità del raid agli ambienti della criminalità organizzata. «La mia attività pastorale non è stata finora intralciata dalla ‘ndrangheta, il mio compito è quello di convertire i mafiosi e ad alcuni detenuti ho regalato il libro “La fine del mondo non è vicina” – racconta – insomma la mia azione è stata sempre improntata a principi di legalità e giustizia».

Ora, però, dopo questo nuovo attacco «non mi sento al sicuro», dice ancora Aiello. Ma a chi può aver dato fastidio un’azione pastorale come quella svolta a tempo pieno da Aiello, al quale danno man forte anche i figli durante le funzioni («Jessica suona il piano, del resto è una pianista, e Romolo, che fa il programmatore, mi accompagna alla batteria»)? Forse qualcuno che si aspettava un aiuto che lui non può dare? Difficile rispondere, in questa fase embrionale dell’inchiesta, per il momento coordinata dalla Procura di Crotone. Indagano i carabinieri della Compagnia di Petilia Policastro, che non escludono nessuna ipotesi.

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