L'arresto di Mario Esposito
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Arrestato Mario Esposito, ritenuto esecutore dell’omicidio di Giovanni Vatalaro, avvenuto 32 anni fa a Crotone a un finto posto di blocco
CROTONE – «Il giorno magari si può anche vestire di imprenditore ma la sera va a sparare». E per sparare si camuffava, con parrucca e barba finta. Ad esempio, il 23 febbraio 1991 avrebbe inscenato un posto di blocco, nei pressi del rione Fondo Gesù, per fermare con una paletta in dotazione alle forze dell’ordine Giovanni Vatalaro, vittima designata nell’ambito di una vendetta di ‘ndrangheta. Quello che sembrava essere un cold case viene risolto 32 anni dopo dalla Dda di Catanzaro con l’arresto, quale esecutore materiale del delitto, di Mario Esposito, il 69enne di Isola Capo Rizzuto ritenuto contiguo alla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto e già balzato all’attenzione delle cronache nel gennaio scorso nell’ambito dell’inchiesta che avrebbe fatto luce su un articolato sistema di frodi fiscali che avrebbe il suo perno, oltre che nello stesso Esposito, nel gruppo della sanità privata oggi in larga parte amministrato dal crotonese Lorenzo Marrelli.
Un’inchiesta che delineava l’ascesa di Esposito, da “azionista” della cosca Arena a “imprenditore-‘ndranghetista” che faceva affari anche fuori dalla Calabria, in Toscana, e perfino con i Casamonica. Ma ora si aggiunge un nuovo tassello. Gli agenti della Dia di Catanzaro, coordinati dal procuratore distrettuale antimafia Nicola Gratteri e dal suo sostituto Domenico Guarascio, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Antonio Battaglia nei confronti di Esposito, già detenuto: l’accusa stavolta è di omicidio pluriaggravato compiuto in concorso con Francesco Papaleo, che ormai non c’è più su questa terra perché è stato ucciso in un altro agguato di mafia nel ’94.
Vatalaro, esponente della cosca Megna di Crotone, venne fermato da due killer che, inscenando il finto posto di blocco, intimarono con la paletta a Vatalaro di accostare a bordo della strada e, dopo averlo fatto uscire dalla sua auto e averlo condotto sul retro del bagagliaio, gli spararono numerosi colpi di fucile e pistola all’addome, uccidendolo. A bordo c’era anche la moglie della vittima, testimone oculare: la donna si rannicchiò nel veicolo quando udì i colpi, poi vide i killer allontanarsi su un’auto Fiat “Uno”. Non riconobbe in viso l’omicida, tanto era spaventata. Il movente del delitto, secondo la ricostruzione degli inquirenti avvalorata dai collaboratori di giustizia, sarebbe ricollegabile a una reazione vendicativa all’omicidio di Vittorio Cazzato, esponente di spicco della criminalità organizzata crotonese, del quale Vatalaro era ritenuto autore.
Il procedimento innescato a suo tempo contro i presunti mandanti Domenico Megna ed Egidio Cazzato, del quale Esposito era cognato, fu peraltro archiviato su richiesta del pm. Le dichiarazioni fornite da un primo gruppo di collaboratori di giustizia si erano rivelate insufficienti, ma gli investigatori della Dia, guidati dal capo centro Beniamino Fazio, hanno esaminato anche le rivelazioni, più pregnanti, di un secondo gruppo di pentiti, quelle di Giuseppe Vrenna, Vittorio Foschini e soprattutto di Luigi Bonaventura, per giustapporre i vari elementi indiziari in modo più organico.
LA PALETTA
In particolare, l’ex boss Vrenna riscontrò le dichiarazioni della donna, teste oculare, confermando la dinamica dell’agguato e identificando in Esposito l’uomo che, accompagnato da Papaleo, sparò a Cazzato. Non di poco conto il fatto che Vrenna sostenga di aver appreso tutto ciò dallo stesso Esposito. «Mi incuriosii della cosa, anche perché qualche giorno prima, un mio parente… fratello di mio cognato, mi aveva detto che Mario Esposito, cognato di Egidio Cazzato, gli aveva chiesto una paletta della polizia municipale perché doveva fare una rapina. Preciso che una paletta della polizia municipale è ben confondibile, specie di sera, con una della Polizia di Stato. Andai allora a parlare con Mario Esposito e gli chiesi come mai avesse avuto la necessità della paletta. Egli mi rispose che effettivamente l’aveva richiesta per commettere una rapina ma che poi l’aveva adoperata per commettere l’omicidio di Vatalaro. Mario Esposito mi disse che aveva commesso l’omicidio in compagnia di un’altra persona, che mi pare, ma non sono sicuro, fosse Franco Papaleo di Isola Capo Rizzuto, poi ucciso. Non so chi dei due guidasse, tuttavia mi disse Mario Esposito che a scendere dalla macchina fingendo un controllo era stato lui e che poi aveva sparato. Non ricordo bene ma mi sembra che Vatalaro fosse in compagnia della moglie. In particolare, disse Esposito che aveva voluto uccidere Vatalaro per farsi bello nei confronti di Cazzato».
LA VENDETTA
Foschini, invece, rivelò che la sua fonte era proprio Egidio Cazzato, padre del defunto Vittorio: in cerca di vendetta si sarebbe rivolto agli esponenti di vertice della cosca Arena. «Questo morì per quale motivo? Perché lui e il nipote di Sandrino Covelli ammazzarono il figlio di Egidio Cazzato e lui è morto per questo motivo. A fare questo omicidio so che sono stati Franco Papaleo e il cognato di Egidio Cazzato, sempre di Isola Capo Rizzuto».
LA CONVOCAZIONE
Ma rilevanti sono anche le dichiarazioni di Bonaventura, che al pm Antimafia Pierpaolo Bruni, allora in servizio alla Dda di Catanzaro, ha raccontato che, dopo l’omicidio Cazzato, i vertici della cosca Vrenna, suoi familiari, lo avevano convocato per informarlo di una guerra in atto, nei confronti della loro cosca, e per chiedergli di vendicare la morte di Cazzato. Bonaventura ha anche indicato i due killer in Esposito e Papaleo in un successivo interrogatorio. «Allora tutto ciò me l’ha raccontato Gianni Bonaventura, che era mio zio e nel ’92 fu latitante lì a Isola Capo Rizzuto, e Franco Papaleo, il quale era molto amico di mio zio e io ero amico anche di Franco, anche se ero un ragazzino, io potevo avere 21 anni, 20 anni, era nel ’92. Allora, è stato ucciso perché Gianni Vatalaro era quello che ha ucciso Vittorio Cazzato, insieme a Franco Gumari, detto “Amsterdam”, però quello che gli ha sparato è stato Gianni Vatalaro. Mario Esposito c’entra essendo cognato di Egidio Cazzato, quindi diciamo che è stato per vendicare Vittorio Cazzato a favore di Egidio Cazzato. Come l’hanno ucciso … lo hanno fermato sulla strada per la Scintilla, dove ci sono le fontane… Vatalaro venne fermato simulando un controllo su strada dalle forze dell’ordine e poi ucciso con due fucilate in pancia e forse finito con colpi di pistola».
GLI SCHIAFFI
All’origine del delitto Cazzato, legato a doppio filo all’omicidio Vatalaro, ci sarebbero due schiaffi volati in carcere. Altro aspetto inquietante. «Diciamo che c’era della gente che ci voleva fare fuori – è il racconto di Bonaventura – Che erano gli stessi che ordinarono anche l’omicidio di Vittorio Cazzato. Perché l’hanno ucciso? Perché il padre gli dette due schiaffi ad Enzo Gumari nel carcere di Bologna, ad Enzo “Amsterdam”. Gli diede due schiaffi, ebbero un litigio, allora per punire il padre Sandrino Covelli … decisero di uccidere il figlio ed anche per toccare la famiglia Vrenna, perché all’epoca dei fatti Egidio Cazzato era come se apparteneva alla famiglia Vrenna. Allora, chiamato in queste riunioni che ci furono, fummo messi a conoscenza di quella che stava succedendo e del fatto che avevano ucciso Vittorio Cazzato, il padre non appartenente alla famiglia, quindi noi dovevamo giurare fedeltà alla famiglia, dovevamo vendicarlo in sintesi, in poche parole».
AUTO CIVETTA
Bonaventura ha fornito altri particolari sulla dinamica dell’agguato dell’omicidio Vatalaro. «Venne fermato nei pressi della palazzina Scintilla, dopo le fontanelle, dove c’è la barca. Venne fermato a posto di blocco, come se fosse una macchina civetta della polizia. Lo fermarono Giuseppe Iannone, Mario Esposito e Franco Papaleo. Da lì lo fermarono, lo fecero scendere dalla macchina, perché lui era con la moglie nella macchina… Lo fecero scendere dalla macchina, lo perquisirono, gli dissero di aprire il cofano, nel frattempo presero il fucile che era dietro il sedile posteriore e gli dettero due fucilate in pieno addome, in pancia».
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