Rosaria Ribecco
3 minuti per la letturaCUTRO – «Sono io che ho bisogno di aiuto, ma, aiutando voi, forse aiuto anche me». Non ce l’ha fatta, mentre veniva bombardata di messaggi sui social che evocavano i temi della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro la donna, a starsene in silenzio, e alla fine ha deciso di rendere pubblica una sua riflessione e di mettersi a disposizione di chiunque abbia difficoltà a denunciare, prima che sia troppo tardi, per evitare nuove tragedie.
Perché nella periferia calabrese si ha paura anche di farsi aiutare. Questo è capitato a lei, a sua madre, a suo fratello. Forse è un modo per sentire meno il rimorso di non averlo fatto prima. Rosaria Ribecco, figlia di Vincenza, la donna vittima di un femminicidio compiuto proprio l’8 marzo scorso, nel giorno in cui si dovrebbero celebrare le donne, nella sua casa, nella frazione San Leonardo, da un ex marito violento, si mette a disposizione di chiunque voglia segnalare alle autorità condotte maltrattanti in ambito familiare. Detto da una ragazza di 29 anni che ha perso la madre per mano di colui che le ha dato la vita e le cui vessazioni, anche nei confronti dei figli, non furono a suo tempo denunciate. Una proposta di ammonimento fu pure ritirata.
«Chi ancora può, dica basta, vivere come vivo io non l’auguro a nessuno, chiamate le associazioni, scappate da questa vita, prima o poi tutti dobbiamo morire ma non per mano dell’uomo, oppure chiamatemi, vi lascio il mio numero, so che sono io che ho bisogno di aiuto ma aiutando voi forse aiuto anche me», scrive la giovane su Facebook.
La vicenda è nota. Insieme al fratello Domenico, Rosaria si è già costituita parte civile nel processo contro Alfonso Diletto, e hanno già avviato l’iter per ottenere il cambio del cognome perché quell’uomo non lo considerano più il loro padre. Ecco stralci di questo racconto triste filtrato dalla voce straziata di chi ha perso la madre. «Oggi, 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, più che mai mi sento di scrivere su una piattaforma come Facebook per far sì che più donne possano leggere il mio vivere passato e futuro. Sono vittima di violenza ma colei che ne ha subito le conseguenze più atroci è stata mia mamma, Vincenza Ribecco, morta proprio il giorno in cui si dovrebbe festeggiare la donna, l’8 marzo, assassinata nella propria casa con un colpo di pistola da colui che definivo padre. Per 30 anni non ho dato voce alle violenze subite. Oggi voglio farlo. Mia madre è morta e quel maledetto giorno sono morta anche io, perché vivere senza di lei non è vita, mi manca la sua voce, mi manca tutto di lei. Ogni dolore è individuale, non faccio vedere a nessuno quello che provo tutti i giorni. Ma credetemi, passo le giornate cercando di non pensarci, ma quando arriva la notte e mi trovo tra me e me le lacrime partono da sole e tutte le notti è come se annegassi e non riuscissi più ad emergere…perché vivo con il rimorso di non averla aiutata, di averla lasciata sola…Non ricordo più quando è stata l’ultima volta che l’ho abbracciata e se solo avessi saputo non l’avrei più mollata».
Ma adesso impegnarsi è un modo per esorcizzare tutto questo dolore. «Nonostante i 30 anni di sofferenza passati insieme a lei, ho pensato sempre più a me che a lei amando un padre che non meritava amore e questo non me lo perdonerò mai. Io ormai non posso più fare nulla ma voi non permettete a nessun uomo di farvi del male, non perdonate nessun gesto o parola perché se lo fanno una volta lo faranno sempre. Fatevi aiutare. Io, prima che succedesse tutto questo, non ci pensavo, non lo credevo possibile, ma c’è chi vi aiuta, basta solo volerlo. Mia mamma non ha avuto il coraggio né la forza per combattere questo suo cancro che alla fine l’ha uccisa».
Le donne sono più esposte agli abusi nella periferia estrema. Il profilo culturale incide, la carenza di servizi sociali pure, ma qualcosa bisogna fare per aiutare le donne ad affrancarsi da tanta violenza se è una vittima come Rosaria a doverci mettere la faccia.
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