Una centrale a biomasse
3 minuti per la letturaMESORACA (CROTONE) – Fke. Acronimo di Francesco, Kevin ed Ernesto, ossia i nomi dei figli del boss Mario Donato Ferrazzo, pienamente operativi nella gestione dell’assetto della società che conferiva il cippato alla centrale a biomasse di Cutro, già di proprietà del gruppo Marcegaglia ma rilevata nel 2015 dalla famiglia Serravalle, a quanto pare molto vicina al clan. Se a controllare l’affaire delle biomasse è la ‘ndrangheta, la Sila viene disboscata con tagli intensivi e nelle centrali finisce di tutto, dalla spazzatura al catrame ai copertoni, con danni per l’ambiente.
Chissà che aria respiriamo. Lo scenario messo a nudo dall’inchiesta diretta dai pm Antimafia Domenico Guarascio e Paolo Sirleo è inquietante e fa da sfondo alle accuse di associazione mafiosa, concorso esterno, traffico illecito di rifiuti, truffa ai danni del gestore energetico ma anche estorsioni e turbativa d’asta e reati in materia di stupefacenti contestate a 31 persone, di cui 27 in carcere e 4 ai domiciliari (anche se due sono irreperibili), ma sono ben 11 gli indagati.
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Le richieste di misure cautelari avanzate al gip distrettuale Giuseppe De Salvatore erano per 36, tra loro ci sono anche l’ex sindaco ed ex presidente della Provincia di Crotone Armando Foresta e l’ex comandante della Stazione dei carabinieri forestali di Petilia Policastro Costantino Calaminici, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa. La cosca guidata dal boss di Mesoraca è al centro delle indagini condotte dai carabinieri del Comando provinciale di Crotone e dai loro colleghi del Ros e del Nipaf di Cosenza che dal 2014 lavoravano ai fianchi la consorteria criminale. Un mix di investigazione moderna e classica, perché sul territorio c’erano i militari della Compagnia di Petilia Policastro a svolgere servizi di osservazione e pedinamento. Ed è venuto fuori che la cosca, grazie anche all’apporto fornito dall’ex sindaco Foresta, turbava, almeno secondo l’accusa, appalti, vessava con estorsioni imprenditori e commercianti, gestiva le piazze dello spaccio a Mesoraca e Petilia Policastro e, soprattutto, aveva imponenti interessi nell’indotto economico costituito dall’area boschiva silana delle province di Crotone e Catanzaro. Tant’è che molti degli indagati sono titolari di aziende di settore, che operano nel taglio e nella lavorazione del materiale legnoso, che veniva conferito alle centrali a biomasse, di Cutro e a quelle di Crotone e Strongoli di Biomasse Italia.
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In questo contesto, come già emerso nel corso dell’inchiesta Stige, è venuto fuori il ruolo di un cartello di imprese dominanti nel settore boschivo, Ferrazzo e Serravalle di Mesoraca, Spadafora di San Giovanni in Fiore e Sacchetta di Rogliano, ed è stata fatta luce su un regime di sostanziale monopolio che consentiva alle ditte controllate dal clan di perpetrare in maniera sistematica operazioni di taglio non autorizzate, difformi alle norme di settore e comunque pericolose per l’ambiente, e conferire alle centrali di mezza Calabria un cippato non tracciabile e pertanto da considerarsi a tutti gli effetti un “rifiuto”. Ciò grazie all’ausilio, secondo l’accusa, di tecnici agronomi, operatori e funzionari delle centrali investiti delle mansioni di controllo della qualità del prodotto conferito e della regolarità delle documentazioni, con conseguente ingiusto profitto non solo per le imprese boschive collegate alle organizzazioni criminali, ma anche per le società che indebitamente percepivano dal Gse incentivi maggiorati perché appunto basati su conferimenti difformi alla normativa di settore e di scarsa qualità poiché derivante da tagli non autorizzati.
Indagati per truffa al Gse si ritrovano pertanto anche rappresentanti legali e proprietari degli impianti Enel Mercure, Serravalle Energy, Biomasse Italia e Biomasse Crotone, Ecosesto-Cosenza, Serravalle Energy srl. Ed è è scattato il sequestro di 8 imprese boschive della provincia di Crotone e 4 della provincia di Cosenza, tra cui la Serravalle Energy, proprietaria della centrale di Cutro, per un importo complessivo di 16 milioni circa.
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