Il luogo del delitto
4 minuti per la letturaCUTRO (KR) – Un’esecuzione. Se la versione dei fatti raccontata dai parenti della vittima, non smentita dagli inquirenti reggiani, fosse confermata, si sarebbe trattato di una vera e propria esecuzione. Spietata.
Dante Sestito, noto gommista cutrese che a Cadelbosco di Sopra, nel Reggiano, ha aperto una grossa azienda, avrebbe ucciso con un colpo di pistola alla nuca, dopo averlo fatto inginocchiare, il suo ex dipendente Salvatore Silipo, di 29 anni, cutrese anche lui, che aveva convocato nel suo store, pare, per contestargli ammanchi o furti.
È una versione tutta da verificare tanto che i carabinieri della Compagnia di Guastalla e i loro colleghi del Nucleo investigativo di Reggio Emilia ieri sono stati impegnati fino a tarda sera nella ricostruzione della dinamica dei fatti e nella valutazione delle testimonianze. Già. Perché le persone che erano state fatte inginocchiare erano due, in quanto Silipo si era presentato col fratello Francesco che poi sarebbe scappato.
E perché nell’officina c’era anche un figlio di Dante, Antonio, sentito a lungo anche lui in caserma e la cui posizione sarebbe al vaglio. L’unica cosa certa è che Dante Sestito, subito fermato dai carabinieri, è accusato di omicidio e che Silipo, che per tanti anni aveva lavorato con lui e da qualche tempo faceva il muratore, è morto sul colpo e lascia due figlie in tenera età; una era nata un mese e mezzo fa.
L’inchiesta è coordinata, nella primissima fase, dal sostituto procuratore di Reggio Emilia Piera Cristina Giannusa. Viene esclusa, almeno per il momento, una matrice ‘ndranghetistica sebbene Silipo sia un genero del pentito Salvatore Cortese, ex braccio destro del boss Nicolino Grande Aracri, capo della super cosca la cui filiale emiliana è stata oggetto del più grande processo contro le mafie al Nord, quello denominato “Aemilia”. Si tratterebbe di un litigio, secondo l’ipotesi ritenuta più concreta, o di un regolamento di conti. La ‘ndrangheta non c’entrerebbe.
Ma andiamo con ordine. Nel pomeriggio, poco dopo le 16, in via Verga, nel piccolo centro in provincia di Reggio Emilia, meta dell’esodo di migliaia di cutresi emigrati, qualcuno sente degli spari provenire dall’officina e avvisa i carabinieri. Una pattuglia che si trovava poco distante si precipita sul posto e trova il titolare con la pistola in mano. L’indagato alza le mani e viene disarmato e portato in caserma. Sarebbe stato lui a chiamare Silipo per chiarire una vecchia storia, che trascinava rancori. Silipo si presenta con un fratello.
I parenti della vittima, fiondatisi sul luogo del delitto appena si è sparsa la notizia della tragedia, hanno raccontato ai giornalisti che i Silipo sarebbero stati fatti inginocchiare. E che Dante Sestito avrebbe estratto a un certo punto l’arma sparando al suo ex dipendente un colpo in una zona tra il collo e la nuca. Nessuna conferma dalle fonti ufficiali. Gli accertamenti sono andati avanti fino a tarda ora e non sarebbe da escludere che possa essere indagato anche il figlio di Dante Sestito.
Antonio Sestito è già noto alle forze dell’ordine. Un anno fa fu coinvolto nell’inchiesta che portò all’operazione Bilions, contro una presunta associazione a delinquere dedita all’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Pare anche che il fratello della vittima sia riuscito a scappare e sia giunto in un secondo momento sul luogo insieme a un parente. E quindi le versioni da soppesare sono diverse, dal punto di vista degli investigatori.
La notizia è volata di bocca in bocca anche a Cutro. Dante Sestito e la sua famiglia sono molto conosciuti nel centro del Crotonese. La sua storica officina in via Nazionale era frequentatissima. Poi ha aperto la fortunatissima attività nel Reggiano ieri assurta a teatro di una tragedia. Silipo era conosciuto anche lui dalle forze dell’ordine. Era stato arrestato per episodi di droga tanto che era sottoposto a obblighi e in attesa di giudizio. La parentela col collaboratore di giustizia Cortese ha in un primo momento insospettito gli inquirenti ma pare che venga escluso un contesto mafioso. Cortese è stata la prima “gola profonda” ad aprire crepe nella cosca Grande Aracri che prima appariva impenetrabile. I collaboratori di giustizia che lo hanno seguito in questo percorso hanno raccontato che Salvatore Procopio, arrestato nelle settimane scorse con l’accusa di essere stato una delle presunte nuove leve del clan in Emilia, era stato incaricato di uccidere Cortese su ordine del boss.
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