Il cartello che i commercianti esporranno a serrande abbassate durante il corteo
3 minuti per la letturaCittadini di Cutro stanchi delle continue richieste di pizzo, domani 17 febbraio il corteo a sostegno degli imprenditori che hanno denunciato
CUTRO – “Partecipo solidale alla manifestazione anti pizzo”. Questo il cartello che verrà affisso sulle attività commerciali che domani, 17 febbraio, resteranno chiuse. Un segno di adesione al corteo di solidarietà a sostegno degli imprenditori che hanno denunciato il racket facendo scattare una retata antimafia.
C’è fermento in città in vista della manifestazione promossa dal sindaco, Antonio Ceraso, a cui hanno aderito una trentina di associazioni. Tra loro la Confcommercio che chiede ai propri iscritti di abbassare la serranda durante la marcia nel centro cittadino. L’appuntamento è fissato alle 17.30, dinanzi al Palazzo Comunale, in piazza del Popolo. Da lì i manifestanti percorreranno le vie del centro facendo soste presso alcuni luoghi simbolo di Cutro. Tra questi la piazzetta Rino Gaetano in cui si trova il ristorante “La locanda”, preso di mira dalle cosche. E la scacchiera pavimentale antistante la scuola primaria in piazza Di Bona, dove è il cantiere della Pentabloc, anche questa assediata dagli “esattori” della ‘ndrangheta. Luoghi simbolo che le cosche stavano intaccando con la loro presenza pervasiva.
«Oggi Cutro manifesta perché non vuole piegarsi a chi voleva che si riorganizzasse il potere mafioso», dice Sara Sarcone, una delle più attive nel promuovere l’iniziativa a sostegno di chi denuncia. «Incondizionato sostegno e solidarietà». Ma anche «sostegno pieno» all’amministrazione Ceraso che si costituirà parte civile sono stati manifestati in una nota congiunta dai circoli cutresi di Pd, FI, FdI, Lega e Azione.
I RISULTATI DELL’INCHIESTA A SEGUITO DELLA DENUNCIA DEGLI IMPRENDITORI DI CUTRO VESSATI DALLE RICHIESTE DI PIZZO
Quello che è emerso dall’inchiesta è inquietante, del resto, e forse la città è stufa. Stavano «girando per tutto il paese», avrebbe detto Giuseppe Ciampà, nipote del boss Antonio Dragone, appena scarcerato dopo aver scontato una condanna per omicidio, alludendo al fatto che i titolari di varie attività economiche si erano resi, a suo dire, “disponibili”. «Avvocà, siccome tutte le attività commerciali sono disposte a darci qualcosa, quindi pure vuoi, sono appena uscito dal carcere, ci vuole il pensiero da parte vostra…Lo sapete cosa è il pensiero… voi fate i cockatil almeno due volte l’anno, d’estate e a Natale dovete dare qualcosa», una delle richieste.
Ma a preoccuparsi a un certo punto sarebbero stati gli “esattori” del clan. «Hai capito cosa ci stanno combinando? Stanno parlando, sono indegni», direbbe sempre Giuseppe Ciampà in una conversazione intercettata. Una lamentela per il comportamento degli imprenditori cutresi sentiti a sommarie informazioni dalla Squadra Mobile di Crotone che, sotto la guida della Dda di Catanzaro, conduceva le indagini.
Minacce, ultimatum, richieste che iniziavano a diventare sempre più esose: «che dobbiamo fare con 1000 euro? Daglieli a tuo padre e a tuo zio». Alcuni imprenditori hanno riferito agli inquirenti di essere stati avvicinati con la richiesta di un aiuto economico. Se li ritrovavano perfino sotto casa. Spaventati, iniziavano a versare ma gli indagati avrebbero assunto un atteggiamento ancora più arrogante: «io non ti contatto più, da questo momento siete voi che dovete venire da me».
La risposta è stata la denuncia. E la società civile e le istituzioni si schierano con i denuncianti. “’Ndrangheta, Cutro è un’altra cosa” è detto in uno striscione realizzato in vista della manifestazione di oggi, che segna un’inversione di tendenza in una terra difficile.
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