Vincenzo Luciano incontra Elly Schlein all'alba a Steccato di Cutro
2 minuti per la letturaDopo due anni dalla strage di Cutro il pescatore Luciano va tutte le mattine in spiaggia alla ricerca di dispersi
CUTRO – «Vado in spiaggia tutte le mattine. Spero ancora di poter ritrovare qualche disperso». Vincenzo Luciano, uno dei pescatori di Steccato che accorse sul luogo della tragedia di due anni fa, non riesce a tornare alla normalità. Il pensiero corre sempre a quella gelida alba del 2023, quando quel malandato caicco si schiantò a un centinaio di metri dalla spiaggia. Per questo non riesce più ad andare a pesca. «Ogni tanto esco in barca ma mi sembra di sentire ancora le urla di quelle mamme che mi chiedevano di tirare i loro figli dall’acqua».
Una di loro, Azmir, tre giorni dopo il naufragio giunse a Cutro e quando lo incontrò gli mostrò la foto di un bimbo col sul cellulare. «Lo ritrovai dopo 35 giorni. Quando la rividi al PalaMilone mi abbracciò. La medaglia più bella che avrei potuto avere. Ed è stato emozionante lanciare una corona di fiori insieme a lei». Con questo simbolico gesto si è conclusa la veglia sulla spiaggia della tragedia, tra gli eventi commemorativi organizzati dalla Rete 26 febbraio.
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Luciano abbozza un mezzo sorriso, a margine della cerimonia. Ma è un sorriso triste. «Mi dicono che non devo sentirmi in colpa per quello che è successo ma ancora non riesco a darmi pace – racconta il pescatore – Se fossi arrivato in tempo avrei potuto salvare vite. Invece, recuperavo soltanto salme dal mare. Mi ha dato un dolore enorme non poter arrivare prima». La colpa non è certo dei pescatori cutresi, ma di modelli di soccorso che proprio la tragedia di Cutro ha dimostrato quanto siano obsoleti.
Intanto, la normalità sembra ancora un sogno lontano. «Mi piaceva tanto andare a pesca. Mi piacerebbe tornare a farlo. Pescavo con le reti. Ma se vado in barca ho le visioni. Vedi di nuovo bimbi morti».
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