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I fratelli Filomena e Francesco Oliverio non si rassegnano

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Mistero sui gemelli di Cutro forse rapiti e venduti. La famiglia chiede la riapertura delle indagini archiviate due volte


CUTRO – Oggi avrebbero 55 anni i due gemelli di Cutro forse rapiti e venduti. Un caso ancora avvolto nel mistero su cui la Procura di Crotone non è riuscita a fare luce. Due le inchieste aperte e archiviate. Franca e Mario Oliverio nacquero nella notte tra il 19 e il 20 gennaio 1970 all’ospedale “vecchio” di Crotone. Oggi là non c’è più manco l’ospedale. Lo stabile, di recente recuperato dal Comune, è divenuto un teatro.

Tutto inizia nel maggio del 1969, quando la signora Lucia Iefalo Maviglia scopre di essere incinta. Il marito, Giovanni Oliverio, è detenuto quando lei partorisce. I piccoli vengono alla luce dopo sette mesi di gravidanza. La madre durante il parto subisce abbondanti perdite di sangue e viene sottoposta a trasfusioni. Ma i due gemelli vengono al mondo. Identificati nella cartella clinica con i numeri 48 e 49, all’ospedale risultano essere nati vivi. Non hanno ancora un nome. Solo un numero. Ad assistere al parto c’è la cognata della signora, che vede i bambini vivi. Durante la degenza, intanto, la partoriente firma dei fogli dei quali non conosce il contenuto.

Dopo qualche giorno, migliorate le condizioni della signora Iefalo, i sanitari e una suora che presta assistenza ai pazienti le riferiscono che i suoi due figli sono stati trasferiti all’ospedale di Catanzaro perché quello di Crotone è sprovvisto di incubatrice. Aggiungono che ai bimbi sono stati dati i nomi di Mario e Franca.

I NOMI

Una stranezza, perché non erano i nomi scelti dai genitori. Il 27 gennaio la signora viene dimessa e contestualmente le comunicano che i suoi figli sono deceduti. Chiede di vederli ma le dicono che non è possibile. Quando torna a casa, sua cognata è già informata perché il signor Francesco Oliverio, cugino del marito della partoriente, le ha detto di aver fornito all’ospedale di Crotone una piccola bara e che della sepoltura si è occupato l’ospedale stesso. La signora Iefalo, distrutta dal dolore, allora ha cinque figli (successivamente ne sono nati altri quattro) e cerca di non far pesare su di loro la sua sofferenza, fingendo di non pensare alla tragedia che le è capitata, anche se l’amarezza è grande per il fatto che l’ospedale non le ha permesso di vedere i neonati per l’ultima volta, per dar loro il bacio di addio prima della sepoltura.

IL BIGLIETTO

Dopo qualche tempo, la signora riceve un biglietto di auguri per la nascita dei due gemelli da un sedicente “onorevole Ernesto Pucci”, persona a lei del tutto sconosciuta. Questo biglietto fa sorgere dei dubbi alla signora: perché gli auguri se i piccoli sono morti? La donna parla spesso con i propri familiari dei suoi sospetti ma nessuno dà peso alla vicenda. Almeno fino agli anni ’94-‘95, quando Francesco, figlio dei coniugi Oliverio, nato nel ‘75, incuriosito dai fatti raccontati dalla madre, inizia ad indagare. Il giovane va all’ufficio Anagrafe del Comune di Crotone, all’ospedale, al Comune di Cutro. Ma ogni ente interpellato fornisce informazioni discordanti. Il Comune di Crotone custodisce atti di nascita in cui è dichiarato che i bambini sono nati morti. Il Comune di Cutro, nel certificato storico della famiglia Oliverio, non elenca il nome dei due gemelli, che risultano sconosciuti all’ente. In ospedale, invece, c’è una cartella clinica che attesta che sono nati vivi. Il giovane informa sua madre che presenta una querela.

L’INCHIESTA

Si aprono le indagini. Intanto, nel ‘96 la signora Iefalo muore e qualche mese dopo ai suoi familiari giunge la comunicazione dell’archiviazione dell’inchiesta. La famiglia Oliverio non si rassegna. Nel 2009 conferisce un incarico a un’agenzia investigativa che riesce a far riaprire le indagini. Indagini che non portano a nulla. Il loro legale chiede anche che sia perseguita l’ipotesi di sequestro di persona o sottrazione di minorenni ai fini della vendita anziché quella di alterazione di stato ipotizzata dalla Procura e che siano sentite altre persone informate sui fatti, come il cappellano dell’ex ospedale di Crotone.

Ma a giocare contro la famiglia Oliverio è soprattutto il fattore tempo. Troppi anni sono passati. L’ostetrica – probabilmente una figura chiave della vicenda – che dichiarò sia la nascita che la morte dei gemelli, è ormai deceduta, così come il primario del reparto. Secondo la tesi della famiglia Oliverio non si è indagato abbastanza su una presunta organizzazione dedita, nei decenni scorsi, al sequestro di neonati e alla loro vendita. L’unica persona sentita dai carabinieri di Cutro sotto le direttive dell’allora pm Gabriella De Lucia è la cognata della donna che partorì i gemelli. La teste confermò che vennero alla luce in vita.

IL CIMITERO

Troppo poco per diradare il mistero che ebbe inizio il 19 gennaio 1970. Ma gli Oliverio non demordono e tornano alla carica. Nel 2012 il Comune di Crotone risponde però negativamente a una loro istanza. Non è neanche possibile ottenere informazioni certe sul luogo del cimitero in cui, ammesso che siano morti, sarebbero stati seppelliti i gemelli. Dagli atti risulta che furono inumati il 26 gennaio 1970, al cippo 227, in un sito oggi occupato da altre inumazioni. «Da tener presente – scrive il funzionario comunale – che dopo dieci anni nei campi di inumazione è quasi impossibile ritrovare resti mortali di neonati nati morti».

GLI INTERROGATIVI

Tanti gli interrogativi in piedi. Innanzitutto, perché nella cartella clinica i bambini risultano vivi e nei certificati dello stato civile risultano morti? Perché a dichiarare la nascita e morte dei bambini fu un’ostetrica dell’ospedale? E perché della sepoltura si occupò l’ospedale? Ancora, perché fu richiesta una sola bara? E, soprattutto, perché non fu disposta l’autopsia?

Interrogativi sottoposti al vaglio anche del procuratore Nicola Gratteri, poco prima che terminasse il suo mandato di procuratore a Catanzaro e quando ormai l’inchiesta della Procura di Crotone era stata archiviata per ben due volte. Su input di Gratteri, i carabinieri hanno però ripreso in mano il fascicolo. Ma è tutto molto difficile, dopo tanto tempo.

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