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I soccorsi dopo il naufragio

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Strage di Cutro, la Finanza ignora la richiesta di supporto e la Guardia costiera esce tre ore dopo: cosa c’è dietro il mancato Sar


CROTONE – «Sono fulminati». Così un ufficiale della Guardia di finanza commenta con i suoi colleghi i ritardi nei soccorsi dopo aver ricevuto un messaggio di un altro ufficiale, ma della guardia costiera, che avvisava che la motovedetta “321” della Capitaneria di porto di Crotone stava uscendo in mare. Ormeggi mollati alle ore 5. Mezz’ora dopo, forse tre quarti d’ora dopo, avviene il naufragio in cui muoiono un centinaio di migranti, in una gelida alba, a Steccato di Cutro, il 26 febbraio 2023. Secondo la Procura di Crotone all’origine della tragedia c’è la mancata attivazione del piano Sar (il Piano per la ricerca ed il salvataggio in mare).

Errori su errori, inerzia su inerzia, ritardi su ritardi vengono annotati in una corposa informativa dei carabinieri del Reparto operativo di Crotone allegata all’avviso di conclusione delle indagini nei confronti di sei persone. Sotto accusa, per naufragio colposo e omicidio colposo plurimo, come è noto, sono finiti l’ufficiale in servizio al Roan (Reparto operativo aeronavale) di Vibo Valentia Antonino Lopresti, indagato insieme a Giuseppe Grillo, capo turno della sala operativa, Alberto Lippolis, comandante, il tenente colonnello Nicolino Vardaro, comandante del Gruppo aeronavale di Taranto, e gli ufficiali di ispezione della guardia costiera Francesca Perfido (Imrcc di Roma) e Nicola Nania (Mrsc di Reggio Calabria).

OLTRE UN ANNO E MEZZO DI INDAGINI SULLA STRAGE DI CUTRO E SUL MANCATO INTERVENTO SAR

Gli inquirenti, coordinati dal pm Pasquale Festa, hanno indagato un anno e mezzo. Sotto la lente è finita tutta la catena di comando. Quaranta gli interrogatori di ufficiali, anche di alto grado, lunghissima la serie di acquisizioni tecniche e documentali perché la cronologia degli eventi è stata ricostruita grazie anche allo scambio di informazioni tra le forze dell’ordine intervenute. A cominciare da una comunicazione delle 9:54 del 25 febbraio.
«Buongiorno comandante, volevo suggerire di annullare la navigazione odierna del PV6 Barbarisi a Crotone (18:00/10:00). C’è mare in burrasca da sud e tra stasera e domani il meteomar è in peggioramento», dice il comandante Vardaro. Il pattugliatore Barbarisi del Roan di Taranto, alle 18 del 25 febbraio, non aveva ancora mollato gli ormeggi a causa delle avverse condizioni meteo marine nella zona in cui era atteso il “target” che era stato segnalato dall’aereo Eagle 1 di Frontex alle 21.26. I mezzi in dotazione alla Guardia di finanza non poterono intervenire per il maltempo, infatti.

La vedetta V 5006 della Sezione operativa navale di Crotone della Guardia di finanza, dipendente dal Roan di Vibo, aveva dovuto invertire la rotta per il mare forza 4 con vento di burrasca da sud forza 7 e con previsioni in peggioramento. Proprio il Roan di Vibo avrebbe dovuto monitorare il “target” per poi intervenire direttamente alle 12 miglia delle acque territoriali al fine di valutare le condizioni di sicurezza del natante e delle persone a bordo, secondo quanto previsto dal decreto ministeriale del 14 luglio 2003, dall’Accordo tecnico-operativo del 14 settembre 2005 e dal tavolo interministeriale del 17 giugno 2022.

I DETTAGLI DELLA RICOSTRUZIONE

In seguito all’avvistamento del 25 febbraio, a circa 38 miglia nautiche da Le Castella, da parte dell’agenzia europea Frontex, del caicco “Summer Love”, che presumibilmente trasportava migranti, gli indagati qualificarono l’intervento come operazione di law enforcement attribuendo la competenza al Roan di Vibo di cui però non conoscevano le capacità operative.

Alla fine, il pattugliatore intraprese la navigazione soltanto all’ultimo momento utile, e cioè alle 2:05, per intercettare il caicco in prossimità della costa e non all’ingresso delle acque territoriali. Il caicco segnalato da Frontex avrebbe potuto essere avvistato col sistema radar in dotazione alla Guardia di finanza, che sarebbe stato in grado «in astratto» di monitorare obiettivi fino a 96 miglia. Anche se i sistemi erano in realtà tarati fino a 12 miglia.

La Guardia costiera aveva però dato disponibilità ad impiegare assetti operativi che avrebbero potuto navigare senza difficoltà. Come risulta dai sistemi del V Mrsc (Direzione Marittima di Reggio di Calabria), nel corso di una telefonata tra l’operatore della Sala operativa della GdF di Vibo Valentia, il brigadiere Giuseppe Grillo, che si ritrova indagato, e gli operatori della guardia costiera (non indagati), il primo rappresentava che i finanzieri avrebbero gestito la segnalazione come intervento di polizia e, «mare permettendo», avrebbero atteso l’arrivo del target sotto costa, impiegando la vedetta “5006” già in servizio programmato fino alle 06:00.

LO SCAMBIO DI INFORMAZIONI CON LA GUARDIA COSTIERA

L’operatore delle Capitanerie di porto, dopo avere riferito che per loro il target navigava regolarmente e di non aver nessuna unità a mare, dava disponibilità per un eventuale ausilio in caso di necessità facendo intervenire le unità navali di Roccella e Crotone. «Posso avvisare». «So migranti, un mesetto tranquillo», direbbe uno dei finanzieri non indagati durante lo scambio di informazioni con i comandanti. «In realtà non si è visto nessuno ma è una barca tipica». Il sospetto che ci fossero persone a bordo era più che concreto, insomma.

Sono le 3.48 quando lo stesso Grillo aggiorna la Guardia costiera. «Al momento, noi in mare non abbiamo nulla… vediamo come si evolve la situazione perché al momento non abbiamo nessun genere di richiesta. abbiamo solo quest’avvistamento fatto dall’Eagle». Considerato il rientro delle imbarcazioni per le condizioni climatiche avverse, il comandante della motovedetta delle Fiamme gialle suggerisce di avvisare la Capitaneria di e «passare la palla a loro». «Certamente, appena fatto», dice il comandante Lippolis che poi chiede al Comando provinciale della Finanza di far intervenire sulla costa pattuglie a terra. Le Fiamme gialle pensavano ancora di poter individuare gli scafisti. Ma la Capitaneria riferisce che «se non hanno una richiesta di aiuto da bordo non intervengono».

STRAGE DI CUTRO E INTERVENTO SAR, LA CHIAMATA AI CARABINIERI

Sono le 4.11 quando la sala operativa del Comando provinciale dei carabinieri riceve sul numero d’emergenza 112 una chiamata da un cellulare internazionale di uno straniero che chiedeva aiuto in inglese. «Target individuato al radar dai ns a steccato. Nel frattempo i cc hanno ricevuto una chiamata satellitare da una cella che riconduce a quella posizione ed anche loro hanno una sola pattuglia in servizio in zona. Nel frattempo stiamo allertando anche ps», scrive Lopresti ai suoi uomini alle 4.24. Ma il naufragio è già avvenuto. Alle 4.59 arriva la nota del vicecomandante della Capitaneria di porto che avvisa che la loro motovedetta sta uscendo ma non può arrivare troppo sotto costa. Al finanziere scappa il commento “sono fulminati”.

Soltanto alle 6.50 la motovedetta CP321, intervenuta dal porto di Crotone, raggiunge il luogo del naufragio per iniziare un’attività di ricerca e soccorso a largo «recuperando un bambino dichiarato deceduto da personale sanitario del Cisom presente a bordo della motovedetta e due adulti in ipotermia». La Guardia costiera avrebbe dovuto lasciare il porto di Crotone alle 1.30 per essere sul posto prima del naufragio, avvenuto tra le 4 e le 4.30.

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