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Flavio Briatore

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CROTONE – L’obbligo di assistenza in mare «alle persone in difficoltà, indipendentemente dalla loro nazionalità, dal loro status o dalle circostanze in cui si trovano» non  è solo sancito dal diritto internazionale, ma anche come parte integrante del diritto consuetudinario. Ed a questi principi non si è sottratto  Flavio Briatore, il noto imprenditore, che con il suo yatch infatti, ha incrociato il destino di un gruppo di migranti (un centinaio)  che vagavano in mare, portandole in salvo.

E l’incontro con i migranti alla deriva, lo ha molto colpito, così come ha raccontato, lui direttamente, in un’intervista alla testata Verità & Affari e poi ripreso da altri mezzi di comunicazione.

Briatore racconta, infatti, di essere stato contattato mentre era sulla sua imbarcazione, dalla Capitaneria di Crotone.  «Ci hanno pregato – ha raccontato – dandoci le coordinate, d’andare a controllare una barca, che pensavano essere uno yacht, che chiedeva aiuto ed era a sette-otto miglia da noi. A quel punto abbiamo deviato e siamo andati sul posto trovando una piccola barca a vela, circa sedici metri, piena di gente, almeno un centinaio di persone. Nemmeno gli animali dell’Ottocento erano trattati così. Non avevano spazio, uno attaccato all’altro».

Il marito di Elisabetta Gregoraci si è detto addirittura scioccato dalla visione delle persone in balia del mare,  portati con dei gommoni e  messi sulla barca a vela inserendo il pilota automatico e bloccandolo, con a disposizione solo una radio con cui  chiamare i soccorsi. Ed a complicare il salvataggio, per Briatore, anche le condizioni del mare  con cui si è dovuto intervenire. Ed ha aggiunto: «La gente urlava disperata, c’erano bambini, e noi cercavamo di calmarli dicendo che la motovedetta stava arrivando».

Si è poi, spinto a dare possibili soluzioni al problema: «Questi maledetti scafisti bisogna bloccarli alla fonte, non puoi lasciarli partire, è un continuo massacro in quelle condizioni. Non lo auguro a nessuno – ha concluso il noto imprenditore – di fare un viaggio del genere.  Si deve pensare a un vero blocco navale, un blocco a casa loro prima che arrivino in acque territoriali italiane».

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