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Il vicepresidente della Regione Calabria, Filippo Pietropaolo, è stato assolto nel processo “Tempio di Hera”, riguardante il traffico di reperti archeologici. Altri imputati hanno ricevuto condanne.


CROTONE – L’assoluzione del vicepresidente della Giunta regionale Filippo Pietropaolo, esponente di FdI, tra gli imputati per i quali il pm Matteo Staccini aveva chiesto la condanna nel processo contro i presunti trafficanti di reperti sgominati con l’operazione Tempio di Hera, è il dato che forse più balza all’attenzione. Ma ci sono anche sei condanne. Diciannove imputati sono stati scagionati tra assoluzioni e prescrizioni. Altri sei sono ormai deceduti e nei loro confronti è stato disposto il non luogo a procedere per morte del reto. Lo ha deciso il Tribunale penale di Crotone a fronte di richieste di condanna per 14 imputati che arrivavano fino a 5 anni e 6 mesi di carcere.

La sentenza di primo grado è arrivata otto anni dopo l’operazione con cui i carabinieri e la Procura ritenevano di aver fatto luce su una presunta associazione a delinquere dedita al saccheggio di reperti nell’area archeologica di Capocolonna e in altri siti tra Crotone e Isola capo Rizzuto. L’organizzazione, secondo l’accusa, si sarebbe occupata anche della commercializzazione dei beni archeologici. E avrebbe avuto al suo vertice un docente di latino e greco, esperto di numismatica e, in passato, consulente della Procura in virtù delle sue competenze, ma ormai deceduto.

ASSOLTO IL VICEPRESIDENTE PIETROPAOLO: LE DECISIONI PER GLI ALTRI IMPUTATI NEL PROCESSO

In particolare, Vincenzo Godano Vincenzo Godano (36), di Isola Capo Rizzuto, è stato condannato a 5 anni di reclusione. Tre anni ciascuno sono stati inflitti a Francesco Salvatore Filoramo (74), Luca Filoramo (45), Carmine Francesco Verterame (63). Stessa pena anche loro di Isola, e Vittoria Villirillo (53), di Crotone.

Condanna a 2 anni per Francesco Arena (43), di Isola. Assolti Annibale Chiaravalloti (71), di Crotone; Pasquale De Tursi (55), di Strongoli; Yvonne Maria Gallo (73), di Crotone; Pasquale Antonio Fabiano (52); Filippo Maria Pietropaolo (60), di Catanzaro; Luigi Lacroce (66), di Strongoli; Leonardo Lecce (74), di Crotone; Michele Bisceglie (70), di Crotone; Mario Raso (61), Isola Capo Rizzuto; Carmelo Marino. Non luogo a procedere per prescrizione per Salvatore Rocca (40), di Isola; Pasquale Filoramo (63), di Isola; Domenico Godano (34), di Crotone; Ferdinando Marchio (40), Isola Capo Rizzuto; Vittorio Raso (61), di Isola; Domenico Viola (47), di Crotone; Domenico Viola (89), di Isola; Antonio Giuseppe Morrone (39), di Isola Edoardo Morrone (29), di Isola; Vincenzo Verterame (61), di Isola.

LE ACCUSE

L’ipotesi associativa era contestata a un gruppo di imputati che, «mediante ricerche archeologiche in assenza di concessione, danneggiamento al patrimonio archeologico dello Stato, impossessamento e ricettazione di beni culturali» avrebbero fatto parte di un «sodalizio strutturato… allo scopo di conseguire illeciti profitti». Il professore ormai deceduto, in virtù di «competenze nel campo archeologico», avrebbe indicato i luoghi in cui eseguire le ricerche illecite. Sarebbe stato «il punto di riferimento tra tutti gli associati per la vendita e l’intermediazione dei reperti illecitamente trafugati».

Vale la pena soffermarsi sulla figura di Francesco Arena, membro dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto il cui interesse per i traffici di reperti era emerso anche dall’inchiesta che nel maggio 2017 portò all’operazione interforze Jonny, con cui la Dda di Catanzaro inflisse un duro colpo al clan. Arena sarebbe stato un finanziatore e si sarebbe interessato dei rapporti con le case d’asta. I reperti di maggiore pregio sarebbero stati venduti anche all’estero.

LA DIFESA

Della folta pattuglia difensiva facevano parte gli avvocati Natale De Meco, Salvatore Iannotta, Francesco Laratta, Pasquale Le Pera, Mario Nigro, Luigi Macrillò, Luigi Morrone, Mario Prato. «Ho sempre sostenuto l’estraneità alle accuse di Pietropaolo e i giudici mi hanno dato ragione», ha commentato l’avvocato Laratta, legale del vice del governatore Roberto Occhiuto. Per l’assessore era stata”perché il fatto non costituisce reato”, proposta la pena di due anni per concorso in ricettazione di una moneta dei Bretti ritenuta di particolare pregio. Gliel’avrebbe consegnata il capo della presunta associazione a delinquere dopo aver concordato un incontro con Pietropaolo, allora consigliere delegato di Seta srl, secondo l’accusa quale compenso per l’assunzione di un congiunto.

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