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Francesco Grande Aracri

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I motivi della sentenza d’appello Grimilde, la condanna è più alta per Francesco Grande Aracri perché riconosciuto boss di Brescello


CUTRO – Il boss di Brescello era Francesco Grande Aracri, fratello maggiore di Nicolino, il capo crimine ergastolano di Cutro. Il boss era lui, grazie alla «strategia del basso profilo» che lo ha sempre caratterizzato. Anche nel paese che prima dell’avvento dei Grande Aracri era noto, più che altro, perché Guareschi vi ambientò la saga di Peppone e don Camillo. Lo ha messo nero su bianco la Corte d’Appello di Bologna sconfessando la parte del verdetto del Tribunale di Reggio Emilia che, a conclusione del primo grado del processo Grimilde, non aveva riconosciuto la sua posizione apicale nel clan nel periodo successivo a quello focalizzato dal processo Aemilia, che sancì che la cosca aveva “colonizzato” la regione rossa.

LA STRATEGIA

Proprio per il suo ruolo di spicco i giudici della Corte d’Appello di Bologna hanno aumentato la pena che era stata inflitta in primo grado per associazione mafiosa al fratello del boss Nicolino. Per Francesco Grande Aracri la condanna è così passata da 19 a 24 anni di carcere. Il Tribunale, infatti, aveva ritenuto generiche le dichiarazioni dei pentiti e aveva individuato il figlio di Francesco, Salvatore, come il nuovo curatore degli affari del clan in Emilia grazie all’investitura dello zio Nicolino. Ma per la Corte bolognese si tratta di una «motivazione non convincente».

I giudici di secondo grado sostengono, invece, che «la strategia del basso profilo» era «frutto di una scelta oculata ed efficace» adottata da Francesco Grande Aracri al fine di evitare nuovi problemi giudiziari dopo il suo coinvolgimento nell’inchiesta Edilpiovra, che aveva portato alla sua condanna definitiva per mafia. Né l’ascesa del figlio era «incompatibile col suo ruolo di capo». Del resto, già dal processo Aemilia era emerso che il sodalizio cutrese, dominante in Emilia, si avvaleva di diversi plenipotenziari in posizione di «direzione e organizzazione».

OPERAZIONE GRIMILDE, LA CONDANNA DEL BOSS DI BRESCELLO E I PENTITI

Che fosse un leader indiscusso lo si ricava peraltro dalle rivelazioni dei pentiti. A cominciare da Salvatore Angelo Cortese che descrive un capo che, dopo i problemi giudiziari, resta in penombra e manda avanti i figli. Che è un po’ quello che fanno «tutti gli ‘ndranghetisti di un certo spessore». Per Massimo Colosimo è Francesco Grande Aracri colui che “comanda” anche se «è stato sempre tranquillo e non si è mai esposto». «Comandavano sempre loro», dice Antonio Valerio. Il commercialista Paolo Signifredi, uomo dei conti del clan, racconta che «dopo il fratello era lui che decideva nel territorio emiliano».

Ed è per volontà di Francesco Grande Aracri, rivela Giuseppe Liperoti, che viene convocato un summit sul perché lui avesse lasciato la Calabria nella fase in cui la cosca preparava l’agguato al rivale storico, il boss Antonio Dragone, poi ucciso in un agguato in cui fu utilizzato un bazooka, nel maggio 2004. Liperoti lamentava di essersi sentito abbandonato dal clan e Francesco Grande Aracri replicò che sarebbe dovuto restare a Cutro per supportare i killer, rassicurandolo che l’azione sarebbe stata presto portata a termine, come in effetti accadde. Un episodio secondo i giudici rilevante perché dimostra la posizione «sovraordinata» di Francesco Grande Aracri.

GLI AFFARI

In Calabria i delitti, al Nord gli affari. Una volta vinta la guerra di mafia a Cutro e dintorni, la cosca può dedicarsi al business, «in particolare in Emilia». Dove gli uomini del clan «agiscono come imprenditori, occupandosi di investimenti immobiliari, edilizia, riciclaggio, capitali illeciti, operazioni di falsa fatturazione».

Insomma, si affermano come «’ndranghetisti moderni dalla vocazione imprenditoriale che operano sotto traccia, spartendosi i lavori e infiltrandosi nei settori più redditizi dell’economia, adottando un metodo di penetrazione criminale già riconosciuto con sentenze nel maxi processo Aemilia». Francesco Grande Aracri e i suoi uomini avrebbero così messo a punto una «strategia della fittizia intestazione elusiva delle misure di prevenzione e finalizzata al riciclaggio». Una strategia «vitale» per la salvaguardia del patrimonio del clan in quanto finalizzata a evitare che le imprese di riferimento siano riconosciute come mafiose e quindi possano continuare a fare affari. Evidente, quindi, che Francesco Grande Aracri debba rimanere «nascosto» in quanto «ideatore» di una simile strategia.

GLI INVESTIMENTI E LE CONTROVERSIE

Dagli incontri per l’affare del consorzio farmaceutico Farmaeko a quelli per la cessione della pizzeria Qualunquemente, con conseguente spartizione in nero degli utili. Dalle riunioni con Giuseppe Caruso, ex dipendente delle Dogane ed ex presidente del consiglio comunale di Piacenza, coinvolto in una mega truffa all’Agea, a quelle per gli affari immobiliari avviati in Belgio e per le piattaforme informatiche in cui investire bond fresh. Sono appuntamenti ai quali Francesco Grande Aracri si presenta quasi sempre col figlio Salvatore (condannato nel filone del rito abbreviato).

Non si tratta di «banali incontri tra amici e parenti», osserva la Corte, ma di «incontri tra persone mafiose con finalità strategiche e operative». Certo, Salvatore Grande Aracri agisce “in rappresentanza” del padre. Ma ciò implica sempre il ruolo verticistico di quest’ultimo. Basti pensare che, pur essendo detenuto, tramite le “ambasciate” della figlia Rosita, Francesco Grande Aracri si impone sui sodali per rimodulare i termini contrattuali tra la sua Eurogrande costruzioni srl e La Pilotta srl.

La caratura criminale del boss di Brescello emerge anche grazie alla sua capacità di risolvere controversie che gli viene attribuita, per esempio, dalla cosca alleata dei Trapasso di San Leonardo di Cutro. Francesco Grande Aracri avrebbe anche appianato contrasti tra affiliati che erano insorti nell’ambito dei lavori edili per la realizzazione delle parafarmacie del clan. A suo carico ci sono anche lunghe conversazioni telefoniche col commercialista Paolo De Sole, convinto ad accettare assegni post datati per l’affaire Farmaeko. Anche il ruolo di caporalato svolto in Belgio “corrobora”, secondo i giudici, il ruolo apicale.

OPERAZIONE GRIMILDE, LA CONDANNA DEL BOSS DI BRESCELLO, LO “STILE” E LA PIANIFICAZIONE

Nel corso delle conversazioni telefoniche intercettate dagli inquirenti, Francesco Grande Aracri mantiene sempre «un tono composto, mai arrogante e impositivo, del tutto in linea col suo stile di capo mafioso assai scaltro e prudente, aduso a non esporsi, soprattutto dopo l’arresto prima e la condanna poi in Edilpiovra». Proprio per il suo ruolo di vertice, sottolineano i giudici, «non ha bisogno di fare la voce grossa». Anche il tenore dei rapporto con i plenipotenziari del clan in Emilia come Antonio Gualtieri non smentisce  ma avvalora la funzione apicale.

Le principali operazioni finanziarie del clan vengono ideate e realizzate sempre da Francesco Grande Aracri, come emerso dall’istruttoria dibattimentale. Qualche esempio: l’affare San Francisco, l’affare dell’immobiliare Santa Maria, quello della discoteca Italghisa e quello della marmeria. La capacità di “pianificazione” dell’imputato chiave emerge dalle frasi captate dagli inquirenti. «Dobbiamo formare la società. Siamo otto persone. In quattro città dove producono tutte le cose. Non spifferare. Non ti far scoprire». Eccola, la strategia del basso profilo.

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