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Si chiude la vicenda processuale per Maysoon Majidi, assolta con formula piena, l’attivista iraniana per i giudici di Crotone non è una scafista
CROTONE – Assolta per non aver commesso il fatto Maysoon Majidi. Dopo poco più di mezzora di camera di consiglio, il Tribunale penale di Crotone ha scagionato con formula ampia Maysoon Majidi, l’attivista curdo-iraniana 29enne accusata di aver aiutato il comandante di una delle due imbarcazioni di migranti approdate a Crotone il 31 dicembre 2023. Subito dopo la sentenza, la tensione della giovane si è sciolta in un abbraccio liberatorio col difensore, l’avvocato Giancarlo Liberati, e con un’amica venuta dalla Germania. E un sorriso largo si è disegnato sul volto di Majidi, che nell’ottobre scorso era tornata in libertà dopo dieci mesi di reclusione. La pm Rosaria Multari, al termine della sua requisitoria, poco prima aveva chiesto la condanna a 2 anni e 4 mesi di reclusione e una multa di un milione e 125mila euro riconoscendo l’attenuante del contributo minimo fornito al coimputato Akturk Ufuk, già condannato a 8 anni e 4 mesi col rito abbreviato.
ASSOLTA MAYSOON MAJIDI, LE REAZIONI A CALDO
«Al momento dell’arresto l’interprete non ha tradotto tutto quello che ho detto. Un innocente potrebbe essere mandato al patibolo ma viene salvato dalla legge. Non giudicate le persone che scappano dalle dittature e vedono calpestata la loro dignità. Maledetti quelli che mi hanno costretto a lasciare la mia terra». Questo il commento a caldo dell’attivista, che ora vuole subito riabbracciare suo fratello «che ha sofferto tanto». Sui progetti futuri ha le idee chiare. «Ho ricevuto decine di lettere quando ero in carcere. La mia vita si basa sull’attivismo. Non mi fermerò».
DICHIARAZIONI SPONTANEE E REQUISITORIA
L’udienza si è aperta con le dichiarazioni spontanee di Majidi. «Sono migrante per motivi umanitari, 37 tra movimenti politici e ong hanno dichiarato che ho collaborato con loro», ha spiegato dicendosi innocente. Lo aveva fatto sin dal momento dell’arresto. «Ho detto sempre la verità».
La pm ha ripercorso la vicenda ricordando, innanzitutto, che Majidi venne sospettata di essere una componente dell’equipaggio sulla base di testimonianze di residenti della zona dello sbarco, nella località Gabella. Notarono cinque fuggitivi tra i quali fu individuata. «Si davano a precipitosa fuga alla vista delle volanti. Dopo essere stati rintracciati, grazie a Majidi che parlava in inglese, riferirono di essere giunti insieme agli altri migranti». Trasferiti al porto, uno dei migranti avrebbe riferito a un mediatore culturale che la donna avrebbe aiutato il capitano.
CAPODANNO RAI
«Non eravamo ad applaudire sotto il palco. Il Capodanno Rai fu un evento che per la città comportò un dispositivo imponente», ha detto la pm evidenziando che quel giorno fu particolarmente impegnativo per le forze dell’ordine, alle prese anche con due sbarchi. Decisivi furono gli elementi raccolti nell’immediatezza dei fatti. Il pm ha ricordato alcune testimonianze di migranti e di un mediatore culturale. Testimonianze secondo cui «Durante il viaggio stava col capitano, lo aiutava a comunicare con i migranti, distribuiva acqua. All’arrivo è fuggita col capitano che dava indicazioni su come collocarsi all’interno dell’imbarcazione. Non ha mai condotto la barca». Anche da immagini e foto esaminate dagli inquirenti Majidi risulta essere accanto al capitano.
GLI IRREPERIBILI
Circa i testi a favore di Majidi individuati dalla difesa, la pm ha confermato che sono risultati irreperibili. «Eppure due di loro per la difesa sono rintracciabili e uno si sarebbe detto disponibile a ritrattare quanto già dichiarato. Una potenziale ritrattazione prodotta anche da note trasmissioni televisive». La pm ha però evidenziato che «le prove non hanno valore se non acquisite secondo le formalità di rito, anche perché non c’è certezza sull’identità dei dichiaranti. Se si rendessero reperibili li andrei a sentire personalmente. Li ho cercati anche io, quasi da stalker».
LE MINACCE
I sospetti si appuntano anche su un video Instagram pubblicato da un sedicente giornalista che ritrae Majidi insieme agli altri migranti sopra coperta. Un video su cui la difesa punta molto. La pm ha rilevato che il mediatore culturale non ha ricordato in aula quanto dichiarò a un poliziotto, anche se rammentava tante altre circostanze relative ai due sbarchi dell’ultimo dell’anno. È però emerso, da un altro procedimento in corso a Locri, che era stato minacciato da un’organizzazione criminale e anche dall’autore di quel video che lo “screditava” per l’attività da lui svolta durante gli sbarchi di Roccella. «Dopo quel post io e i miei familiari siamo stati minacciati dai trafficanti», dichiarò il teste. «Questa minaccia riguardava l’attività da lui svolta per Frontex tanto che interruppe la collaborazione con l’autorità giudiziaria italiana per gli eventi migratori». Secondo la pm, «il video Instagram non ha valenza probatoria, data l’inattendibilità della fonte», ma anche per il contenuto che «non riscontra la tesi alternativa di Majidi che non appare nel video».
NIENTE SOLDI
Majidi, inoltre, non ha pagato per la traversata, ha evidenziato la pm. «Majidi dice che il padre ha venduto i propri beni e ha pagato per lei e il fratello», ma questo contrasta con le chat acquisite dagli inquirenti. «Amici, parenti, un movimento politico avrebbero cercato in maniera spasmodica il denaro per il viaggio di entrambi i fratelli». Ma «la casa non risulta essere venduta e il viaggio non è stato pagato da nessuno dei due». La pm ha ricordato anche la truffa subita da Majidi e dal fratello che tentarono di recuperare il denaro versato ai trafficanti in occasione di un precedente tentativo di imbarcarsi per l’Europa. «Non si viaggia gratis. I migranti hanno sempre sborsato cifre considerevoli ai trafficanti per arrivare in Italia», ha detto ancora la pm.
CONTATTI PERICOLOSI
Appena arriva in Italia, Majidi invia una foto della posizione a una persona che le consiglia di «allontanarsi subito da Crotone, di non farsi prendere le impronte e di cambiarsi i vestiti. Altrimenti vi arrestano». Alla domanda su chi ha organizzato il viaggio, il fratello di Majidi in aula indicò proprio quella persona con cui sua sorella conversò appena giunto in Italia. Altro elemento valorizzato dalla pm è che i migranti partirono ammassati in furgoni, il 26 dicembre, lei in auto il giorno prima col fratello. Neanche i testi della difesa hanno notato Majidi sul pullmino ma soltanto sull’imbarcazione, ha messo in luce la pm. Majidi, peraltro, era l’unica migrante che aveva nella memoria del suo cellulare il numero del capitano, poi «visto scappare» con lei. Dagli accertamenti, ha rilevato poi la pm, non è stato possibile acclarare se il cellulare di Majidi fosse spento durante il viaggio, come sostiene la difesa. Majidi viaggiò sopra coperta? Per la pm sì e si contraddicono i testi che affermano il contrario.
LA HOSTESS
«Nessuno nega che Majidi sia un’attivista dei diritti umani. Ma i fatti sono questi. Ha reso un contributo di hostess durante il viaggio dei migranti perché giunta in Turchia non aveva i soldi per imbarcarsi. Si presta a fare l’aiutante di Ufuk che non conosceva prima. Giunta in Italia scappa come fanno sempre gli scafisti». Si può fornire un contributo anche senza far parte dell’organizzazione, su cui per competenza indaga la Dda di Catanzaro, ha ricordato la pm, citando una complessa giurisprudenza che punisce anche chi fornisce un contributo per motivi umanitari alle persone che si introducono clandestinamente in Italia. «La legge è uguale per tutti, piaccia o non piaccia va applicata anche per Majidi», ha aggiunto, ricordando il caso mediatico che ha fatto discutere molto.
ASSOLTA MAYSOON MAJIDI, LA DIFESA
Per l’avvocato Giancarlo Liberati, l’accusa ha sostanzialmente riproposto l’impianto dell’ordinanza di custodia cautelare trascurando quanto emerso dall’istruttoria. Il legale ha ricordato le testimonianze di alcuni migranti che indicano Majidi tra quanti viaggiavano sotto coperta, con gli altri, tanto che ebbe perfino la nausea. «Per quattro giorni è stata insieme a mia moglie e mia figlia», uno dei passaggi chiave. La fuga dopo che la barca si arenò? «Majidi e gli altri non volevano che venissero loro prese le impronte per evitare un’espulsione dalla Germania, dove erano diretti». Il legale ha anche ricordato la perizia sul cellulare che è “plausibile” sia rimasto spento durante la traversata. La ritrattazione dei migranti? «Al difensore è precluso svolgere indagini in Germania. Se qualcuno dei finanzieri si fosse recato nel centro di Tegel, gestito dallo Stato tedesco, avrebbe però rintracciato il teste», ha detto l’avvocato rilevando una “disorganizzazione” negli uffici della Procura che pure fece tentativi per esperire l’incidente probatorio.
I VERI TRAFFICANTI
I veri trafficanti la difesa li sta “inseguendo” sui social. L’avvocato ha fatto il nome sia degli organizzatori del viaggio, che spera siano perseguiti dalle Procure, e di una trafficante che posta “storie” e che da alcune testimonianze emerge come la vera scafista. “Charline”, ovvero «la vera responsabile», colei che «prese i telefoni dei migranti quando si imbarcarono e li riconsegnò al termine del viaggio». L’avvocato ha chiesto e ottenuto pertanto l’assoluzione con formula ampia. «Non ha commesso reati ma è vittima dei trafficanti. E si è imbattuta in un caso più grande di lei che l’ha distrutta».
ASSOLTA MAYSOON MAJIDI, Il COMMENTO
«L’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza è stata affermata a coronamento di un percorso tortuoso che mi ha visto impegnato molto – ha detto l’avvocato Liberati – In questo caso ritengo che la verità storica si sia sposata con la verità processuale. Ma la battaglia per una giustizia giusta non finisce qui. Spero che la Consulta si pronunci presto su una questione da me sollevata in un processo a Locri. Mi riferisco all’incostituzionalità del decreto Cutro che estende da 5 a 20 anni, il massimo edittale, reati come quelli che abbiamo trattato in quest’aula – ha aggiunto – In quest’aula fu assolto ingiustamente un ragazzino siriano detenuto ingiustamente per sette mesi». Ci vorranno 90 giorni per conoscere i motivi della sentenza.
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