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Pino Tursi Prato

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Soldi al giudice per la riassegnazione del vitalizio. Nel processo Genesi condannati con Tursi Prato anche Falzetta e Arcuri


CATANZARO – Il Tribunale penale di Salerno ha disposto tre condanne nel processo col rito ordinario scaturito dall’inchiesta che nel gennaio 2020 portò all’operazione Genesi, condotta dalla Guardia di finanza di Crotone, che scoperchiò un vasto giro di corruzione giudiziaria con al centro il giudice della Corte d’Appello di Catanzaro Marco Petrini, per il quale si è proceduto a parte. Quattro anni e sei mesi di reclusione è la pena inflitta all’ex consigliere regionale Pino Tursi Prato, di Cosenza. Quattro anni e 4 mesi quella per l’imprenditore di Cariati Vincenzo Arcuri. Infine, 4 anni e due mesi quella per l’imprenditore Luigi Falzetta, proprietario di un hotel a Torretta di Crucoli. La pm Francesca Fittipaldi aveva chiesto 7 anni per ciascuno dei tre imputati.

Le posizioni processuali giudicate col rito ordinario sono collegate a quelle, definite col rito abbreviato, di Emilio Santoro detto “Mario”, massone e medico in pensione di Cariati e già dirigente dell’Asp di Cosenza; dell’avvocato Francesco Saraco, di Santa Caterina dello Jonio; e dello stesso giudice Petrini, massone anche lui, tutti condannati in via definitiva anche se per parte delle accuse sarà necessario un processo d’appello bis.

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IL VITALIZIO

In particolare, il magistrato catanzarese, a suo dire in seguito ad una situazione finanziaria assai precaria e costretto ad approvvigionarsi continuamente di soldi, si sarebbe adoperato, con Santoro quale emissario di Tursi Prato e coadiuvato da Falzetta, per consentire la riassegnazione del vitalizio all’ex consigliere regionale, privato per effetto di una condanna a sei anni di reclusione per concorso in esterno associazione mafiosa. Santoro e Falzetta avrebbero consegnato il denaro al giudice che, tra l’altro, avrebbe ottenuto anche due cassette di gamberoni e merluzzetti, una bottiglia di champagne più clementine, verdura e formaggi. L’accusa regge anche nel processo col rito ordinario.

È l’episodio dal quale gli inquirenti partirono per fare luce su tutta una serie di vicende giudiziarie appianate, in cambio di denaro e varie regalìe, da parte dell’ex presidente di una Sezione della Corte d’Appello di Catanzaro.

LA CAUSA AGGIUSTATA

Petrini e Santoro (giudicati a parte) erano coinvolti anche nell’episodio di corruzione che sarebbe consistito nel favorire Arcuri in una causa intentata contro la Presidenza del Consiglio dei ministri e definita dal Tribunale di Catanzaro, con cui veniva dichiarato il difetto di legittimazione del convenuto, e appellata dall’attore che chiedeva il pagamento di 580mila euro per prestazioni professionali. Arcuri avrebbe, inoltre, versato 500 euro per aggiustare in Appello una sentenza di condanna a 2 mesi e 20 giorni emessa dal Tribunale penale di Crotone. La sentenza dei giudici di Salerno stabilisce, dunque, la colpevolezza di Arcuri.

L’ASSOLUZIONE

Tursi Prato, Falzetta e Arcuri sono stati assolti dall’accusa di aver compiuto attività corruttive volte a ottenere la revoca della confisca di beni del valore di 30 milioni di euro disposta dal Tribunale di Catanzaro nei confronti di Antonio Saraco (padre di Francesco), ritenuto affiliato alla cosca Gallelli, e la riduzione di condanne, previa esclusione del reato di associazione mafiosa, nei confronti di Antonio Saraco e Maurizio Gallelli, già condannati rispettivamente a 10 e 16 anni per estorsione.

LA DIFESA

Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Franz Caruso, Michele Filippelli, Cataldo Intrieri, Fabio Pellegrino. In particolare, Tursi Prato, assistito dall’avvocato Caruso, ha sempre negato contatti con Petrini. Il Tribunale depositerà le motivazioni della sentenza entro 30 giorni.

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