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I magistrati al momento della lettura della sentenza

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Condannati a pene dagli 11 ai 16 anni gli scafisti del naufragio di Steccato di Cutro, le accuse sono di omicidio colposo plurimo e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina


CROTONE – Sedici anni di reclusione ciascuno per Hasab Hussein, il pakistano dichiaratosi inizialmente minorenne ma poi smascherato, e per il turco Sami Fuat. Undici anni, un mese e dieci giorni per il pakistano Khalid Arslan. Più multe da 4 milioni e mezzo ciascuno. Sono le condanne disposte dal Tribunale penale di Crotone nei confronti dei presunti scafisti finiti sotto accusa per la morte di un centinaio di migranti nel naufragio avvenuto a Steccato di Cutro nella gelida alba del 26 febbraio 2023.

I tre sono condannati per omicidio colposo plurimo e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il tribunale li ha però assolti dall’accusa di naufragio, forse perché l’affondamento del caicco “Summer Love” fu determinato dagli imputati che erano al timone e hanno scelto il rito abbreviato. Il pm Pasquale Festa aveva chiesto 18 anni di reclusione e 4 milioni di multa per Hussein; 14 anni e 3 milioni per Arslan; 11 anni e x milioni per Fuat.  

NAUFRAGIO DI CUTRO, CONDANNATI GLI SCAFISTI: I RISARCIMENTI

Alle richieste del pm si erano associati gli avvocati di parte civile Gianfranco D’Ettoris, Salvatore Rossi, Roberto Stricagnoli, Barbara Ventura, Francesco Verri, Pietro Vitale, che avevano chiesto risarcimenti per i familiari delle vittime e i superstiti. Si erano associati anche la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’Interno e la Regione Calabria, che chiedevano risarcimenti per il danno morale e d’immagine. Il Tribunale ha disposto la condanna al risarcimento da quantificare in separata sede. Ma ha anche stabilito provvisionali immediatamente esecutive, da 5mila a 50mila euro,  nei confronti nelle persone offese; di 2mila euro in favore della Presidenza del Consiglio dei ministro e del ministero dell’Interno e di 5 mila euro in favore della Regione.

DICHIARAZIONI SPONTANEE

«Ho pagato per il viaggio. Se si analizzano bene i messaggi trovati nella chat del mio telefonino si comprende chi sono i veri scafisti», ha detto Hussein rendendo dichiarazioni spontanee prima che il collegio giudicante presieduto da Edoardo D’Ambrosio si ritirasse in camera di consiglio. «Da 22 mesi sono in carcere ma non ho ancora capito perché», ha detto, invece, Fuat. «Tutti i testimoni hanno detto che sono innocente – ha aggiunto – sono come gli altri migranti, chiedo di essere assolto».

LA REQUISITORIA

Il pm aveva ripercorso, nella sua requisitoria, l’incidente probatorio nel corso del quale sono state cristallizzate le testimonianze di una quindicina di migranti di differenti nazionalità che hanno riconosciuto gli imputati. Da quelle testimonianze sono emerse indicazioni sul ruolo dei pakistani, ritenuti facilitatori dello sbarco. «Garantivano l’ordine a bordo e si interfacciavano con l’equipaggio per qualsiasi comunicazione con i migranti». «Pacifico», secondo il pm, anche il ruolo del turco, giunto con la seconda imbarcazione, dopo che la prima, quella denominata “Luxury 2”, aveva avuto un guasto al motore. Il pm ha ricostruito la traversata, iniziata dalla Turchia, dove i pakistani, sempre secondo le testimonianze richiamate, avrebbero accompagnato i migranti nella safe house e poi durante il tragitto per la spiaggia vicino Izmir, da dove la prima imbarcazione è salpata.

NAUFRAGIO DI CUTRO, CONDANNATI GLI SCAFISTI: CONDOTTE DIVERSE

Se qualche teste ha definito come “estemporaneo” il contributo dei pakistani, che stavano sotto coperta come “normali passeggeri” e parlavano la lingua dei migranti, il pm afferma che tale versione «riposa su un equivoco». Non solo per i video e le foto rintracciati sui telefoni degli imputati che documentano una certa «libertà di movimento» dei due a bordo. Il pm ha fatto riferimento a tutta una serie di conversazioni da cui emergerebbe che i viaggi vengono definiti come “game” da Hussein. I due pakistani «lavorano in coppia in perfetta sinergia» occupandosi di “caricare persone”, ha detto il pm citando le conversazioni.

Diversa la condotta del turco Fuat, giunto per trasbordare i migranti con quel maledetto caicco dopo che la prima imbarcazione ebbe un’avaria al motore. Non si deve a lui ma a uno degli scafisti che ha scelto il rito abbreviato la manovra pericolosa che determinò l’affondamento e avvenne nel punto in cui il fondale era basso, dopo che le luci dei pescatori vennero scambiate dagli scafisti con forze dell’ordine. Da qui l’urto con la secca in seguito al quale l’imbarcazione andò in frantumi.

LA DIFESA

 L’avvocata Teresa Paladini, che assiste Fuat, aveva chiesto una sentenza «equa e proporzionata» mettendo in discussione l’attendibilità delle dichiarazioni dei superstiti, sconvolti per la perdita dei loro cari. L’avvocato Salvatore Perri, difensore dei due pakistani, aveva richiamato testimonianze di migranti che escludevano i suoi assistiti da quanti avrebbero fatto parte dell’equipaggio. «Non ho mai visto carcerieri che si sedevano a mangiare con i migranti», ha protestato il legale. In particolare, il legale aveva evidenziato che Arslan ha salvato vite subito dopo l’affondamento.

NAUFRAGIO DI CUTRO, CONDANNATI GLI SCAFISTI: LE REAZIONI

«Sentenza non conferme alle prove», ha detto l’avvocata Paladini preannunciando Appello. «Attendiamo le motivazioni, ma intanto posso dire sembra che non si sia tenuto conto di emergenze favorevoli nei confronti», osserva, invece, l’avvocato Perri, difensore dei pakistani. Uno di loro in aula ha accusato un malore e si sono sentite delle urla subito dopo il verdetto. «Non ho ucciso nessuno, ho pagato come gli altri migranti». «È la reazione – aggiunge l’avvocato Perri – di chi viene condannato per qualcosa che non ha commesso».

RITO ABBREVIATO

Prosegue domani, in Appello, il parallelo processo col rito abbreviato. La Procura generale presso la Corte d’Appello di Catanzaro ha chiesto la conferma della condanna per il presunto scafista turco Gun Ufuk, in primo grado condannato a 20 anni. L’imputato ha reso dichiarazioni spontanee lamentando i mancati soccorsi. A riscontro, il difensore, l’avvocato Salvatore Falcone, ha chiesto la riapertura dell’istruttoria producendo l’informativa dell’inchiesta sui mancati soccorsi, che vede imputati sei pubblici ufficiali (quattro militari della Guardia di finanza e due delle Capitanerie di porto). I giudici si sono riservati sull’acquisizione. Ufuk non è l’unico imputato che ha scelto il rito abbreviato fra quanti sono accusati di aver provocato l’affondamento del caicco Summer Love davanti alla spiaggia di Steccato di Cutro. Vent’anni, sempre in primo grado, anche al siriano Mohamed Abdessalem, presunto timoniere dell’imbarcazione, rintracciato successivamente (sentenza già impugnata dall’avvocata Vincenza Raganato).

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