X
<
>

L'incontro tra Carlo Verni e la presunta &quot;talpa&quot;

Share
3 minuti per la lettura

Operazione Sahel, la cosca di Cutro aveva una talpa alla procura di Catanzaro. Nelle intercettazioni si parla di “un portaborse di Gratteri”


CUTRO – Le nuove leve della cosca Grande Aracri di Cutro avevano una “talpa” negli uffici della Procura di Catanzaro che avrebbe avvertito il clan di un’imminente operazione di polizia giudiziaria. Nelle conversazioni intercettate lo chiamavano “il portaborse di Gratteri”. Monitorando i nuovi assetti criminali nella ‘ndrangheta cutrese dopo il pentimento (farsa) del boss Nicolino Grande Aracri, i carabinieri della Sezione operativa della Compagnia di Crotone sono risaliti a un dipendente amministrativo del Palazzo di giustizia di Catanzaro, inquadrato nell’area penale.

Uno che lavora nelle segreterie dei pubblici ministeri e che quindi potrebbe avere rivelato notizie coperte da segreto niente di meno che a Carlo Verni, zio di Vito Martino, killer ergastolano, storico componente del gruppo di fuoco della cosca cutrese. Verni, stando all’impianto dell’inchiesta che nelle settimane scorse ha portato all’operazione Sahel, era il referente della cosca cutrese per le estorsioni e l’usura a Catanzaro ma anche un assiduo frequentatore di un bar dove spesso si trovava il dipendente del ministero della Giustizia finito sotto la lente della Dda di Catanzaro.

LEGGI ANCHE: Operazione Sahel, lo scompiglio nel clan dopo il (finto) pentimento di Nicolino Grande Aracri – Il Quotidiano del Sud

SAHEL, UNA TALPA ALLA PROCURA DI CATANZARO, AQUILA NERA

Siamo nel dicembre 2021. Verni, a colloquio con un altro storico affiliato della cosca cutrese, Pasquale Diletto, fa riferimento al blitz che dovrebbe scattare a Cutro, Crotone, Catanzaro, Papanice. Sa anche, da una fonte chiamata “aquila nera”, che tra i destinatari del “mandato di cattura” dovrebbe esserci un suo nipote. «Quello che ci porta le cose i Gratteri… un funzionario…l’”aquila nera” lo chiamiamo noi… è sempre là al bar, che è un amico nostro…mi ha detto parecchi nomi… Mi ha detto che ci sono parecchi mandati di cattura». Il funzionario avrebbe, infatti, chiesto se uno dei destinatari del provvedimento era parente di Verni.

RIVELAZIONI ANCHE IN PASSATO E MICROSPIE BRUCIATE

Nella conversazione si inserisce Salvatore Martino, figlio di Vito, che aggiunge un altro elemento inquietante. «Io del processo “Golgota” sapevo da un anno». Il riferimento è alla retata antimafia scattata nel febbraio 2021 contro le cosche di Isola Capo Rizzuto e San Leonardo di Cutro. Una delle preoccupazioni dei “bravi ragazzi” di Cutro è quella di eludere le inchieste della Dda. Diletto afferma che un suo capannone era “pieno di microspie”, perfino sulla grondaia e dietro un contatore elettrico. «Ho detto: qua ci sono le microspie qua! Io le ho tolte e le ho bruciate. Mi possono anche vedere a me non interessa niente».

I SOSPETTI PORTANO AL BAR

Dalla ricostruzione degli investigatori emerge che i sospetti portano a quel dipendente amministrativo che è risultato essere un frequentatore dello stesso bar in cui spesso di trova Verni. Le videoriprese installate presso l’esercizio documentano una sua familiarità con Verni e altri indagati nell’inchiesta e numerose sono le conversazioni intercettate in cui al funzionario vengono chieste “novità”. Ad uno degli incontri al bar partecipa anche un finanziere in servizio al Comando provinciale di Catanzaro.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE