Il luogo del naufragio
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Naufragio di Cutro, il fratello di un presunto scafista potrebbe scagionarlo. L’imputato chiese soldi al padre per la traversata
CROTONE – «In questi messaggi mio fratello chiede a mio padre di sbloccare i soldi. Gli scafisti di solito lo chiedono a metà viaggio. Mio fratello pregava mio padre di pagare perché era ormai arrivato in Italia sano e salvo e quelli che guidavano la barca volevano essere pagati». Lo ha detto in aula, rispondendo all’avvocato Salvatore Perri, davanti al Tribunale penale di Crotone, il fratello di uno dei presunti scafisti del naufragio di Steccato di Cutro, dove nel febbraio 2023 sono morti un centinaio di migranti.
Il teste è il fratello del pakistano Khalid Arslan, sotto accusa insieme al connazionale Ishaq Hassnan (dichiaratosi inizialmente minorenne ma poi smascherato) e al turco Sami Fuat, ritenuto il capitano (altri due che hanno scelto il rito abbreviato venendo già condannati a 20 anni di reclusione ciascuno). Nell’ottica difensiva, se Arslan pagava per la traversata non poteva essere uno dei facilitatori, contrariamente a quanto sostiene il pm Pasquale Festa. La testimonianza, dunque, potrebbe scagionare uno degli imputati, o almeno questa è la prospettazione della difesa.
GLI AUDIO E I VIAGGI NON RIUSCITI
L’avvocato Perri ha sottoposto al teste prima degli screenshot che si riferivano a messaggi inoltratigli da suo padre, poi, con l’ausilio di un interprete, ha fatto ascoltare degli audio. Il teste ha ammesso di aver ricevuto i messaggi dal padre e di averli ascoltati dopo che suo fratello era stato arrestato. «Stavo venendo a Crotone perché sapevo che lui stava per sbarcare, poi ho visto un video su Tik Tok da cui ho appreso che la barca era affondata e sono venuto a Crotone, perché c’era la necessità di presentare quei messaggi».
NAUFRAGIO DI CUTRO, LA TESTIMONIANZA DEL FRATELLO DEL PRESUNTO SCAFISTA
Il teste ha raccontato di trovarsi in Italia dal 2021, perché lavora in un ristorante. In Italia è giunto dalla Grecia dopo essere passato attraverso la Macedonia e la Serbia e la stessa cosa avrebbe tentato di fare suo fratello. «Ci abbiamo provato tante volte dal 2017, una volta il tentativo non è andato in porto perché l’auto su cui viaggiava fu fermata mentre io riuscii ad arrivare in Grecia». Insomma, l’imputato era un migrante come gli altri, secondo il narrato del fratello.
Un’udienza che fa il paio con quella precedente, durante la quale l’imputato, accusato di essere uno degli scafisti della Summer Love tragicamente affondata a Cutro, scoppiando in lacrime, si riconosceva in un video mostrato dal suo difensore: «Ho salvato nove persone, se non fossi stato un migrante come gli altri avrei tentato di fuggire», disse in aula.
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DENARO IN PRESTITO
Un altro teste, amico dell’imputato Hassnan, rispondendo sempre all’avvocato Perri, ha affermato di aver lavorato con lui in Turchia in una fabbrica tessile e di avergli prestato soldi (una somma di 100 euro) per le spese necessario per affrontare il viaggio per l’Italia. Pertanto, sempre nell’ottica difensiva, non poteva avere legami con organizzazioni dedite ai traffici se aveva bisogno di soldi per la traversata.
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