Vittorio Aloi
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Naufragio di Cutro, l’interrogatorio di Aloi: «le regole di ingaggio sono le stesse dal 2005». Quelle notte per 4 ore e mezza nessuna chiamata
CROTONE – Nessun «diktat» del ministro Salvini. Non ci sono nuove regole di ingaggio, «le stesse dal 2005». Il problema è che da mezzanotte alle 4.20 alla Capitaneria di porto di Crotone non è arrivata «nessuna chiamata». Gli strali sono sulla Guardia di finanza. «Quando tu sai che non puoi arrivare su un posto oppure che non lo batti perché l’hai perso, ci devi chiamare… insomma, io lo metto proprio come valutazione alla fine di un processo mentale, cioè io non ce la faccio, quelli sono attrezzati, qua ci sono in ballo vite umane, che faccio? Chiamo la Guardia costiera. Noi non siamo stati chiamati».
Sta in queste affermazioni il senso dell’interrogatorio dell’ex comandante della Capitaneria di porto di Crotone, il capitano di vascello Vittorio Aloi, oggi comandante in seconda a Livorno, sentito dal pm Pasquale Festa che ha indagato sul naufragio di Cutro, dove nel febbraio 2023 sono morti un centinaio di migranti. L’ufficiale era balzato all’attenzione delle cronache nazionali in seguito alle dichiarazioni che, visibilmente provato all’uscita del PalaMilone di Crotone adibito a camera ardente, fece dopo la visita alle bare. Parlava di “accordi ministeriali” e “regole di ingaggio” che non volle specificare e che, spiegava ai giornalisti, «spesso non promanano dal Ministero a cui appartengo, promanano dal Ministero dell’Interno».
Regole a cui, a suo dire, la guardia costiera si era attenuta. Ma le regole di ingaggio, dal 2005, «sono sempre le stesse», ha detto Aloi al pm. Il suo interrogatorio è stato trascritto integralmente (è stato necessario nominare un perito) ed è tra gli allegati all’informativa finale redatta dai carabinieri nel procedimento che vede indagati, per naufragio colposo ed omicidio colposo plurimo, quattro ufficiali della guardia di finanza e due della guardia costiera.
DECRETO INTERMINISTERIALE
L’inchiesta sugli omessi soccorsi ruota attorno alla mancata attivazione del piano Sar, perché l’operazione, sin dalla segnalazione di Frontex del 25 febbraio, venne gestita come operazione di law enforcement. «Abbiamo un decreto interministeriale e una direttiva che dicono come ci si comporta in questi casi, sono disposizioni non derogabili…devono esistere i presupposti per un Sar, non è che uno parta con 150 persone punto e basta…il problema non è la navigazione, il problema è quando poi ci si avvicina alle coste che per effetto del condimeteo possono rivelarsi pericolose». Condizioni che si sono «appunto verificate».
ULTIMA RUOTA DEL CARRO
Aloi dice che dell’evoluzione dello scenario ha «saputo dopo», perché «come Ucg (unità della guardia costiera, ndr) siamo l’ultima ruota del carro». Il riferimento è alla scala gerarchica del Corpo delle Capitanerie. In particolare, Crotone dipende dalla Direzione marittima di Reggio Calabria. Del resto, «molte operazioni a Crotone sono nate e si sono concluse come law enfocement. Non c’è stato bisogno del nostro supporto se non in affiancamento alla Guardia di finanza che ha gestito l’intera operazione come operazione di polizia, scortandola fino al porto e tenendoci come motovedetta Sar di conserva, in caso di eventuali necessità».
Il pm a quel punto fa una domanda molto precisa. Vuole sapere se il piano Sar può nascere da condizioni meteo particolarmente avverse. «Assolutamente», è la riposta dell’ufficiale. «Se voi aveste avuto la piena consapevolezza che su quella barca c’erano 180 persone di cui due terzi donne e bambini, qualche neonato, tenuto conto delle condizioni meteo di quella sera e della rotta seguita, sarebbe cambiato qualcosa?». «Probabilmente sì, ma li avremmo aspettati in prossimità della costa, non saremmo andati a prenderli troppo al largo perché comunque avevano una rotta precisa e sembravano governare bene. Il problema è che noi non abbiamo avuto il tempo. Perché dalle 00.00 alle 4.20 non abbiamo ricevuto nessuna chiamata, nessuna interlocuzione che riguardasse l’argomento».
NAUFRAGIO DI CUTRO, L’INTERROGATORIO DI ALOI: LA PRASSI VIOLATA
Nell’edizione di ieri abbiamo dato notizia del concitato scambio di informazioni, a naufragio ormai avvenuto, tra le sale operative, durante il quale la Capitaneria di porto di Crotone apprende, mentre è in linea con i carabinieri, che il Roan (Reparto aeronavale della Guardia di finanza) aveva avvistato alle 3:48 del 26 febbraio il target. Il caicco Summer Love con a bordo i migranti segnalati la sera prima dall’agenzia europea. «Non è prassi ordinaria che la Guardia di finanza chiami i carabinieri. Cosa che è successa quella notte. Deve chiamare noi. Se ha bisogno, se ha ravvisato condizioni per cui non può intervenire. Se può intervenire lo fa lei perché è uno strumento dell’intero meccanismo del Sar».
Insomma, sulla base di notizie precise «saremmo usciti – dice Aloi – saremmo sicuramente andati incontro al target, non avendo coinvolgimento in attività di polizia non avremmo avuto bisogno di ombreggiarci, di nasconderci, li avremmo contattati. Però intervenire con mare forza quattro in cui la barca beccheggia, fare un trasbordo, sarebbe stato impossibile. Avremmo probabilmente seguito di conserva l’unità finché aveva motore e governava… Vista la rotta, poteva uscire la motovedetta Sar di Roccella che era ancora più vicina o tutte e due (l’altra è di stanza a Crotone, ndr)».
Cosa sapeva Aloi? «Soltanto che c’era una chiamata della Finanza che alle dieci di sera dice “se c’è bisogno ti chiamiamo”». Ma «non ci hanno chiamato nemmeno loro, ci hanno chiamato i carabinieri che ci hanno messo in contatto in viva voce con la Finanza, erano le 4.19, le 4.20. troppo tardi per arrivare lì, sono 22 miglia». Con quelle condizioni meteo, secondo la ricostruzione del capo centro Gianluca D’Agostino, la motovedetta della guardia costiera sarebbe dovuta partire da Crotone alle 1.30 per arrivare in tempo alla foce del Tacina, a Steccato di Cutro.
ORGOGLIO E SCRUPOLO
«Sarà anche come rimanere un po’ feriti nell’orgoglio, ma le unità della Guardia di finanza hanno una particolare chiglia che privilegia la velocità, non la stabilità», ha precisato Aloi, che ha aggiunto che avrebbe contatto l’Mrsc di Reggio e fatto uscire le vedette, se avesse saputo. Ma la comunicazione ricevuta era “andiamo noi”. Aloi fa riferimento anche alla presenza in zona del pattugliatore d’altura Barbarisi. «Si chiama così apposta perché può affrontare condimeteo». «Posso avere il dubbio e dire chiamiamoli e vediamoli se ce la fanno, perché se non ce la fanno, andiamo. Ma è uno scrupolo in più che mi faccio». Forse, però, c’era un “dubbio oggettivo” dato dai bollettini meteo che imponeva di intervenire comunque, come evidenzia un ufficiale durante l’interrogatorio.
LE REGOLE DI INGAGGIO E LA MAIL ALLE CAPITANERIE
Il pm chiede se le regole di ingaggio sono cambiate “nel tempo”. La riposta è “no”. «Dal 2005 sono sempre le stesse. L’unica cosa che è cambiata è che dal 2016 l’unica forza di polizia sul mare è la Finanza. Nel 2021 è stato aggiornato il piano Sar con traslazione della competenza del coordinamento alle direzioni marittime e non alle singole unità costiere di guardia». La cosiddetta “ultima ruota del carro”. «Per il resto, dell’accordo del 2005 sapevamo tutti».
L’ultima domanda riguarda la mail del capitano di vascello Gianluca D’Agostino, capo centro operativo nazionale della Guardia costiera, che venne presentata come “documento inedito” durante la trasmissione televisiva “Il Cavallo e la Torre” di Rai 3. D’Agostino, quale capo dell’Imrcc di Roma, il 26 giugno 2022, comunicava alle dipendenti sedi periferiche delle Capitanerie che “a seguito di tavoli tecnici interministeriali, sono state impartite dal livello politico alcune disposizioni tattiche per gli assetti GdF che, di fatto, in parte impongono alcune riflessioni sul nostro modus operandi”. “Livello politico”, era il titolo della trasmissione.
La vicenda fece balzare nuovamente all’attenzione delle cronache nazionali le cosiddette “regole di ingaggio” a cui aveva fatto riferimento anche Aloi. «All’epoca mi sarà passata per le mani, ma non mi sembrava così rivoluzionaria», dice Aloi, che dopo quelle dichiarazioni si è rifugiato in un mutismo assoluto sottraendosi a microfoni e taccuini. «Nella logica del collega, che conosco da tempo, quando ci riferiamo al livello politico non ci riferiamo al ministro, ma ci riferiamo alle direzioni generali. A noi ha fatto capire benissimo di che si trattava. Interpretato dall’esterno posso capire che uno possa pensare che ci sono dikat che dicono determinate cose. Per quanto mi riguarda, non è cambiato granché».
NAUFRAGIO DI CUTRO L’INTERROGATORIO DI ALOI E LA VERSIONE DI D’AGOSTINO
Un’affermazione che fa il paio con quella dello stesso D’Agostino, che, interrogato sul punto dal pm, come anticipato dal Quotidiano, ha negato ingerenze politiche sul modus operandi tattico e ha sostenuto anche che Aloi non poteva fare riferimento alla sua mail, che probabilmente neanche conosceva, in una dichiarazione “forzosamente” (sic!) ottenuta dalla stampa. Piuttosto, d’Agostino si riferiva a un incontro al Viminale, allora presieduto dalla ministra Luciana Lamorgese, sugli interventi in materia di immigrazione clandestina.
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Era il 3 giugno 2022 e si discuteva delle operazioni di law enforcement nella fascia di mare tra le 12 e le 24 miglia marine e degli atti formali di polizia che venivano sistematicamente annullati dalle Procure per incompetenza territoriale. Venne proposto un arretramento delle unità navali della Guardia di finanza, riposizionate tatticamente in modo da poter agire nelle sole 12 miglia, lasciando le rimanenti 12 miglia, la cosiddetta “zona contigua”, dove sarebbe stato fatto comunque monitoraggio a distanza. Tutto ciò si tradusse in dispositivo al tavolo tecnico del 17 giugno 2022. Per evitare “confusione operativa” D’Agostino inviò la mail alle sale operative. Ed altro non era che «un riepilogo di come operare nelle diverse zone di mare».
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